Non è facile ricostruire la storia della città di Giugliano. La mancanza di fonti documentarie certe, unita al fatto che in questa porzione di Campania felix si sono consumati una enorme quantità di avvenimenti storici di rilievo, rende incerti gli scenari in cui muoversi e confuse le tracce da seguire. Secondo i due storici locali Fabio Sebastiano Santoro e Agostino Basile, autori rispettivamente nel 1715 e nel 1800 di due trattati sulla città, Giugliano sarebbe sorta per volontà di Giulio Cesare. A sostegno di tale ipotesi, essi portavano una presunta lettera scritta dal poeta Francesco Petrarca durante il suo soggiorno napoletano. Tale lettera, però, non è stata mai identificata, e pertanto quanto sostenuto è da ritenersi infondato. Più probabile, invece, è quell’ipotesi che riconduce la fondazione della città alla presenza, lungo i suoi confini, di importanti insediamenti osci e che lascerebbe pensare ad una primitiva colonizzazione del territorio giuglianese da parte di questo popolo avvenuta tra XI e VI secolo a.C. D’altro canto, le molteplici tombe osche rinvenute nel corso di varie campagne di scavi svolte a Giugliano, sembrerebbe sostanziare questa supposizione.
Indipendentemente dai suoi fondatori, non v’è dubbio però che nello sviluppo della città un ruolo importantissimo abbia svolto la vicinanza con la colonia greca di Cuma. Pur non volendo credere a quanto riportato da Santoro e da Basile, secondo i quali l’invasione di questa città da parte dei sanniti nel 421 a. C. avrebbe spinto molti dei suoi abitanti a fuggire verso l’entroterra ed a stabilirsi nel territorio giuglianese, le relazioni tra Giugliano e la colonia greca dovettero essere nel corso dei secoli stabili e durature. Una data importantissima nella storia di questo rapporto è sicuramente quella del 1207. Come si è già accennato nella ricostruzione della storia dello stemma cittadino, in quell’anno i napoletani distrussero Cuma. Una parte degli abitanti della città si rifugiò proprio a Napoli; alcuni si stabilirono nella vicina Frattamaggiore, ma la netta maggioranza, unita anche al suo clero ed al Capitolo Cattedrale, scelse Giugliano come nuova dimora. Da qui sarebbe derivata sia l’adozione della donna incinta, simbolo di Cuma, come insegna cittadina, sia la mutuazione da parte del clero giuglianese di quella denominazione clerus cumanus, che si ritrova fino agli inizi del Settecento in tutte le lapidi e le iscrizioni poste nelle chiese giuglianesi.
Al pari di quelle storiche, altrettanto incerte sono le vicende politiche della città. Nulla si sa dei primi feudatari di Giugliano, dal momento che i più antichi documenti che la menzionano come feudo risalgono al 1207 ma non indicano chi ne fossero i proprietari. Da alcuni atti degli inizi del ‘300 si evince che nel 1270 il feudo di Giugliano era diviso in due parti, una di proprietà della famiglia Varavalla e l’altra invece del milite napoletano Pietro Trotta. In poco più di trent’anni però, la maggior parte di quest’ultima porzione venne venduta, tant’è che nel 1311 possessori del feudo risultano essere anche le famiglie Aversano e Vulcano. Nel corso del XIV secolo, la porzione della famiglia Varavalla passò prima nelle mani della gloriosa famiglia dei Filomarino e poi in quella di altri sconosciuti feudatari. Tra il 1542 ed il 1569 la famiglia dei duchi Pinelli di Acerenza acquistò progressivamente tutte le porzioni in cui il feudo era diviso, riuscendo così ad unificarlo. I Pinelli ressero Giugliano per quasi un secolo, lasciando testimonianze artistiche importanti, come il Palazzo Baronale. Dopo essere passato anche alla famiglia D’Aquino, nel 1778 ne divennero proprietari i principi Colonna di Stigliano, che ressero il feudo fino all’avvento di Napoleone ed alla sua trasformazione in municipalità.