Questa è Giugliano in un affresco del 1633

Questa è Giugliano in un affresco del 1633




Esiste a Giugliano un documento quasi inedito, o per lo meno trascurato, che contiene la descrizione sommaria del paese, databile nella prima metà del Seicento. Si tratta di un affresco, posto nel chiostro del Convento Francescano, ben conservato, che qui riproduciamo. Non si hanno notizie circa l’autore e la datazione dell’affresco, ma riteniamo di poter stabilire l’epoca con buona probabilità. Per sommi capi ci era stato riferito che la pittura fu quasi certamente realizzata dopo il 1656, per l’evidente riferimento alla peste che in quell’anno funestò il Napoletano, quasi un ex voto per lo scampato pericolo. Nell’affresco sono infatti raffigurati due personaggi che insieme a quattro Santi protettori invocano da Cristo adirato misericordia per il paese nell’imminenza del castigo. I due personaggi sono i Signori di Giugliano, Galeazzo Francesco Pinelli, Duca dell’Acerenza, e la sua pia consorte Donna Giustina Pignatelli, la pietà dei quali aveva permesso la costruzione del Convento stesso tra il 1615 ed il 1622. I Santi protettori erano identificati in S. Francesco, S. Antonio, S. Domenico e S. Rocco; i primi tre quali protettori venerati particolarmente nelle comunità francescane, e S. Rocco quale protettore invocato in caso di peste.

Ma vi sono dei dubbi proprio sull’attribuzione dell’identità riferita al quarto Santo, poiché nel volume di P. Cirillo Caterino è riferito essere quello S. Alessio, primo titolare del convento, come leggiamo nelle “Memorie istoriche” di Agostino Basile. Noi, invero, siamo propensi a credere che di S. Alessio si tratti, perché il castigo minacciato sulla città non è la peste, bensì più verosimilmente la tremenda eruzione del Vesuvio, avvenuta nel febbraio del 1631, che devastò il Napoletano ed i Casali circonvicini, senza arrecare danno a Giugliano. A tale proposito giova ricordare che la Cappella di San Giuliano, nella Chiesa di S. Sofia, fu edificata dal Pubblico come ex voto per lo scampato pericolo dell’eruzione del Vesuvio del 1631; lo testimonia una lapide murata in S. Sofia, sull’arcata della medesima Cappella. L’affresco del Convento non è anteriore al 1631, perché in esso è delineato con tratti nitidi e precisi il profilo della Chiesa di S. Sofia, con l’annessa Cappella di San Giuliano. Nell’affresco è raffigurata la Chiesa di S. Sofia con il campanile allineato alla facciata ed il tamburo della cupola in avanzata fase di costruzione; ma la cupola non c’è. Troviamo datato 22 novembre 1636 un decreto di Urbano VIII, per il quale si escludeva l’ingerenza dei Parroci nelle funzioni da celebrarsi nella Chiesa Collegiale di S. Sofia. Riteniamo, pertanto, che a quella data era già stata completata la costruzione della Chiesa, ivi compresa la cupola, la quale dovette essere innalzata proprio tra il 1631 ed il 1636. Ma un altro particolare ci suggerisce di non dover datare l’affresco oltre tale periodo, e comunque prima del 1639. Abbiamo ricordato che il Convento fu voluto dalla pietà di Galeazzo Francesco Pinelli e della pia consorte Donna Giustina Pignatelli. Galeazzo era succeduto, nel possesso del Feudo, al padre Cosmo nel 1602, e lo tenne fino al 1639. Leggiamo nelle citate “Memorie istoriche della terra di Giugliano” che il Feudo “cento e tre anni lo possedette la Casa di Cerenza; poiché nell’anno 1639 Galeazzo Pinelli lo vendette a D. Cesare d’Aquino Principe di Pietraelcina per la somma di ducati 130 mila”. E’ chiaro che i due personaggi dell’affresco siano i Duchi dell’Acerenza, padroni del Feudo alla data di realizzazione dell’affresco e diretti benefattori della città, cosa che non si poté dire successivamente per i d’Aquino, che mortificarono continuamente la popolazione con angherie fiscali e violenze personali.

Abbiamo verificato la perfetta corrispondenza di alcuni fabbricati e la prospettiva con la quale fu ritratta Giugliano, fotografando ora la città da quello che dovette essere il punto di osservazione del pittore, ovvero dall’alto del Convento.

Tratto da “Una guida per Giugliano” AA. VV.; Centro studi Alberto Taglialatela