Opere di Ignoti

Opere di Ignoti




31 Maggio 1994 – base Campanile S. Sofia
Cuma, Sole, S. Sofia
Ignoti sec. XV e XVI

Si deve al Santoro soprattutto ad Agostino Basile l’avere raccolto e tramandato l’antica convinzione che i tre bassorilievi incastonati alla base del campanile della collegiata di Santa Sofia rappresentassero un tentativo di raccontare per immagini il percorso spirituale della città di Giugliano, dalle origini pagane di Cuma, simboleggiata dalla Donna pregna e dal Sole radiante, al Cristianesimo, sintetizzato nella figura di Santa Sofia. Nel rinviare ad altra sede le dovute considerazioni sull’iconologia di tali opere, ci si limita qui ad avanzare alcune ipotesi circa l’ambito della loro produzione. Totalmente priva di fondamento è la radicata credenza che il marmo raffigurante il Sole provenisse dalle rovine dell’antica colonia greca di Cuma. L’opera appariva invece come un prodotto tardo di quella cerchia toscana attiva a Napoli nel primo Quattrocento. L’impostazione classicheggiante dell’immagine centrale, e più ancora dei quattro cherubini laterali, la inserivano infatti pienamente in quel filone che ebbe però nel capoluogo esponenti ben più dotati del modesto maestro attivo a Giugliano. Alla numerosa colonia lombarda insediatasi a Napoli stabilmente già alla metà del XV secolo, dovette invece appartenere l’autore dei restanti due bassorilievi. La posa nella quale era ritratta Cuma richiama alla mente le opere degli scultori Tommaso Malvito e del figlio Giovan Tommaso, dal momento che proprio a quest’ultimo si deve l’introduzione a Napoli del modello di figura poggiata su di un gomito, adoperata per la prima volta nel 1513 per la Tomba di Aniello Arcamonio in San Lorenzo. Certamente però con l’autore dei due bassorilievi di Santa Sofia siamo ben lontani da quelle grandi personalità, riferendoci ad un qualche modesto aiutante di bottega. Accanto alle influenze malvitesche, l’ignoto autore che nel 1526 scolpì Cuma e Santa Sofia doveva avere visto e studiato anche le opere dello spagnolo Bartolomé Ordonez. L’espressione del volto della Santa, così come anche l’ampia figura della Donna pregna, ricordano infatti il fregio che si trova nella parte bassa della Tomba di Andrea Bonifacio nella chiesa dei Santi Severino e Sossio, scolpita tra il 1518 ed il 1520


15 Maggio 1995 – Santuario Annunziata
Madonna del Carmine
Ignoto metà sec. XIX

Il piccolo dipinto che ornava il quinto altare a sinistra della chiesa, rappresentava un tipico esempio di quella immensa produzione devozionale di basso profilo che popola le chiese della provincia napoletana. Molto classico nell’iconografia, il dipinto era un olio su ardesia, mentre la corona della Vergine era realizzata in argento stampigliato. Presumibilmente esso era arrivato all’Annunziata in seguito a qualche lascito ereditario, risultando completamente isolato rispetto anche alle più tarde committenze del Santuario.

 


19 Novembre 1996 – Chiesa di S. Sofia
L’adorazione dei Magi
Ignoto sec. XVIII

Fino al momento del furto la tela si trovava in una cappella sulla parete sinistra della navata, attualmente dedicata alla Addolorata. L’opera era attribuibile ad uno sconosciuto pittore della seconda metà del XVIII secolo, influenzato dai migliori risultati della pittura classicista romana. Tale influenza era evidente soprattutto nell’uso del colore, steso con grande nettezza, e nell’attenzione verso la luce. Anche questa tela non può propriamente dirsi perduta. Ritrovata alcuni anni fa ad Urbino, al pari di quanto accade per il polittico della parrocchia della Madonna delle Grazie, è attualmente custodita nei depositi della Soprintendenza, mancando la chiesa dei necessari requisiti di sicurezza.


19 Novembre 1996 – Chiesa di S. Sofia
La circoncisione
Ignoto Fiammingo fine sec. XVI

Presumibilmente questo dipinto proveniva dallo stesso lascito nobiliare da cui giunsero le tre “Sante” stanzionesche rubate poi nel dicembre del 1998. L’opera era il prodotto di un qualche tardo autore fiammingo, come si deduce dall’analisi della foggia e dei colori usati per gli abiti dei personaggi. Nulla può essere detto circa l’anno di realizzazione. Tuttavia la qualità generale del dipinto e lo studio degli elementi architettonici inseriti nella scena, portano a ritenere plausibile l’ultimo quarto del secolo XVI. D’altro canto è proprio in questo periodo che si registrano gli ultimi arrivi di quella nutrita pattuglia di artisti d’oltralpe, attratti nella penisola dal ricco mercato partenopeo.


19 Novembre 1996 – Chiesa di S. Sofia
La Madonna col Bambino e S. Antonio da Padova
Ignoto fine sec. XVII
 
Questa tela apparteneva a quella folta schiera di opere presenti nelle chiese della provincia napoletana che nulla dicono e nulla pretendono. Esse sono lo specchio fedele di un universo religioso, quello in genere della provincia del Viceregno di Napoli tra Cinquecento e Seicento, nel quale il clero controllava e dirigeva prepotentemente la vita dei semplici e suggestionabili fedeli, anche attraverso immagini elementari e didascaliche come questa, volte a stordire e a consolare con epidermiche attestazioni di familiarità col divino, la disgraziata umanità del tempo.

 

 


11 Novembre 1998 – Chiesa di S. Sofia
S. Rosalia
Ignoto stanzionesco metà sec. XVII

Da un unico lascito ereditario dovevano provenire i tre dipinti di Sante custoditi nella sagrestia della Chiesa. I quadri, tutti di ottima fattura, riprendono le classiche realizzazioni di Massimo Stanzione, il pittore nato ad Orta di Atella nel 1585, che proprio a Giugliano realizzò nel 1618 la sua prima opera, la Presentazione di Maria al Tempio posta nel soffitto dell’Annunziata. Stanzione realizzò dipinti di Sante in pose di “tre quarti” nel corso di tutta la sua carriera, adeguando questo soggetto, molto richiesto dal mercato privato, all’evoluzione della sua pittura. L’ignoto autore dei dipinti di Santa Sofia realizzò le tre opere secondo i canoni della stagione più caravaggesca del genio di Atella. Le figure si stagliavano infatti su di uno spesso fondo nero, realizzato attraverso ampie pennellate che davano a questo monocromo una consistenza quasi tangibile. L’appartenenza di questo autore alla bottega di Stanzione è confermata dal fatto che il viso di questa Santa era modellato su quello della Maddalena della “Maria Maddalena in adorazione della croce” oggi in collezione Mariscoli a Roma


11 Novembre 1998 – Chiesa di S. Sofia
S. Barbara
Ignoto stanzionesco – metà sec. XVII

La tentazione di attribuire questi perduti dipinti allo Stanzione in persona si faceva molto forte osservando proprio la Santa Barbara. Infatti, accostando la riproduzione fotografica di questo dipinto alla “Sibilla” di Palazzo Doria-Pamphili a Roma, si vedrà quanto simili siano le fitte arcate sopracciliari e quanto sovrapponibili la forma e l’intensità dello sguardo. Le mani della Santa poi, con l’indice appena arcuato ed il medio e l’anulare uniti, contano nel catalogo delle opere di Stanzione una quantità infinita di rimandi. Molto probabilmente il dipinto di Santa Sofia aveva subito in un epoca imprecisata un qualche grossolano tentativo di restauro, dal momento che non si spiegherebbero altrimenti le incongruenze che si ritrovano nella costruzione del collo del vestito e nella definizione dell’incavo dei seni della bella figura.


11 Novembre 1998 – Chiesa di S. Sofia
S. Caterina d’Alessandria
Ignoto stanzionesco – metà sec. XVII

L’identificazione della Santa riprodotta in quest’opera non è stata semplice. La figura infatti mancava di precisi attributi iconografici e pertanto appariva di oscura lettura. Lo studio del catalogo completo delle opere di Massimo Stanzione ha permesso tuttavia di avanzare l’ipotesi che potesse trattarsi di Santa Caterina d’Alessandria, dal momento che in un dipinto firmato del pittore atellano, in cui è certamente effigiata questa Santa, si nota lo stesso anello e lo stesso abito dipinto nel perduto quadro giuglianese. Delle tre tele che si trovavano in sagrestia, questa era certamente quella a cui l’ignoto autore diede maggiore personalità. Il tratto preciso dona infatti alla figura un’aria guerriera estremamente fiera.


14 Marzo 2001 – Parrocchia di S. Marco
La Madonna Addolorata
Ignoto inizi sec. XVIII

Il dipinto, uno dei pochi custoditi nella parrocchia di San Marco, era ospitato su uno degli altari a sinistra della navata. Databile tra il 1717 ed 1750, l’opera denotava una buona fattura da parte di un ignoto maestro che certamente aveva visto e studiato le opere dei grandi pittori del Seicento e Settecento napoletano. Il taglio della figura, così come l’ambientazione scura dello sfondo, rimandano immediatamente alle prove di Pacecco De Rosa o anche di Massimo Stanzione, mentre la definizione del viso, così come anche la postura, apertamente rivolta verso l’osservatore, fanno pensare alle opere del Vaccaro. Un dipinto certamente “di provincia” ma che testimonia l’eco che anche al di là della capitale vicereale avevano certe conquiste pittoriche.