MASSIMO STANZIONE
CITTADINO GIUGLIANESE
Durante le ricerche per la stesura del mio libro inerente la storia di Giugliano mi imbattei in Massimo Stanzione e sulla sua prima opera ritenuta importante, ospitata nella chiesa della Annunziata. Non essendo un esperto di arte cercai di fornire, a quanti come me erano a digiuno di conoscenze sul mondo meraviglioso della pittura, notizie in merito agli autori che avevano arricchito nel tempo le chiese della nostra città.
Tutto quello che avevo trovato lo raccolsi in una appendice del libro ove elencai le notizie che avevo trovato sui tanti artisti che hanno avuto modo, nel tempo, di arricchire altari e navate della Annunziata, di Santa Sophia e così via.
Stanzione mi incuriosiva per il cognome, mi ricordava un mio amico, un valido professionista giuglianese. Mi chiedevo se ne fosse un discendente o se si trattasse di una semplice omonimia.
Avevo imparato, durante le mie ricerche che, secondo quanto tramandato dal de Dominici, un narratore napoletano di vite di artisti, si trattava di un grande artista nato ad Orta di Atella o Frattamaggiore all’incirca nel 1585.
Avevo anche appreso che sino all’età di 18 anni aveva vissuto una vita agiata, dedita al divertimento ed allo studio delle arti e delle lettere godendo dell’agiatezza economica della sua famiglia, come egli stesso tenne a sottolineare in una missiva indirizzata a papa Gregorio xv nel 1621, quando si definì “proveniente da famiglia dalla tranquilla situazione economica”.
Leggevo che gli storici erano abbastanza certi che fosse stato allievo del pittore Santafede e che dopo il 1617 si fosse traferito a Roma per seguire la scuola di Battistello Caracciolo. Altra certezza era che avesse sposato Virginia Zizzola o Zizola, dalla quale avrebbe avuto il primo figlio nel 1615 e l’ultimo, Lorenzo, nel 1639.
Poi i casi della vita fanno ritornare le curiosità che si sono riposte nel cassetto della memoria.
È capitato che, sovente, il professore Mimmo Savino, presidente della pro-loco, riceva richieste di notizie in merito a giuglianesi vissuti nel passato e mi chieda di accompagnarlo a cercare risposte tra i registri conservati nelle antiche parrocchie di Sant’Anna, San Giovanni, San Marco e San Nicola.
Sfogliando e leggendo certificazioni di nascite, matrimoni e morti, incuriosito dalle fattezze dei libri, dalla grafia, dall’immaginare i volti di quei nostri antenati di un lontano passato, mi sono imbattuto, qualche mese prima dell’ultima estate, in una attestazione di battesimo contenuta nel primo registro della parrocchia di san Giovanni del 14 agosto 1611, ove viene riportato il battesimo di Antonio Lorenzo Stanzione, nato da Verginea de Zola e Maximo de Stanzione, portato alla fonte battesimale da Marina de Marino moglie di Marino Romano del casale di Cesa, Diocesi aversana.
Mi si drizzarono le antenne: il figlio di un tale che si chiamava Massimo Stanzione era stato battezzato a Giugliano alcuni anni prima che l’artista Massimo Stanzione realizzasse la sua opera nella Annunziata.
Era la stessa persona?
Qualche giorno di ricerche e salta fuori, dal primo libro dei matrimoni della Parrocchia di san Giovanni, alla data del 30 ottobre 1610, pagina 147, che il parroco don Joseph de Ortu, unisce, nella chiesa di santa Sophia, in matrimonio Massimo Stanzione figlio di Joy Antonio e Portia de Grassia, della parrocchia di sant’Anna, con Vergilia de Zola figlia di Cesare e di Venetia Tartarone. Fungono da testimoni il rev. don Andrea de Micillo, il clerico Marco Antonio Tartarone e Luca Tartarone.
A questo punto era necessario riprendere le ricerche sulla vita del maestro ma prima dovevo verificare se la presenza di uno Stanzione a Giugliano fosse occasionale o se altri, con lo stesso cognome, fossero riportati nei nostri registri parrocchiali.
Il quesito era: vi erano altri componenti di questa famiglia?
Potei rilevare che Il cognome non era diffusissimo in zona ma vi erano comunque altri soggetti con lo stesso nome.
Nei registri della parrocchia di san Giovanni è riportato: un Matteo Stanzione di Panicocoli che sposa Milona Ciccella il 9 febbraio1583; una Maddalena Stanzione la troviamo madre di Joe Vincenzo nato il 09 maggio 1591 dal matrimonio con Donato Cacciapoto; un’altra Maddalena Stanzione, omonima della prima o forse la stessa data la ricorrente abitudine di risposarsi in caso di vedovanza, partorire Joana il 28 settembre 1598, nata dall’unione con Altobello Cacciapoto, poi Leandra, Giacinto e, per ultimo, Stefano nel 1611; Palma Stanzione sposa Tommaso Passarello dando vita a Nicola Alessandro il 15 settembre 1612, ed ai gemelli Luca e Menichella il 20 ottobre 1613; Julio Stanzione sposa Anella de Angelo mettendo al mondo Federico, il 03 settembre 1613 e infine Leandro, il 23 agosto 1615.
Tra i defunti della stessa parrocchia troviamo Stefano, morto il 13 novembre 1599, a 20 anni, e sepolto nella Cappella della Madonna della Pace, Gelemma, morta il 02 settembre 1627, a 50 anni, sepolta in Santa Sophia, nella Cappella del Rosario e, infine, Giulio, morto a 53 anni, il 29 aprile 1605, coniugato e sepolto, anche lui, nella Cappella della Madonna della Pace.
Nella parrocchia Sant’Anna Paulo Stanzione battezza, nel 1611, il figliolo Francesco avuto de Martiniello Giuditta.
Insomma nella Giugliano di fine 1500, con una popolazione di qualche migliaio di anime, la famiglia Stanzione era ben rappresentata.
Quindi avevamo la presenza di rappresentanti della famiglia in città, la presenza di un Massimo Stanzione che sposa una Virginia de Zola ( la Virginia Zizola come riportato dalla tradizione qualche secolo dopo?), che battezza un figlio che ha come madrina di fonte una signora della “Cesa bene” dell’epoca, tutto nel periodo in cui il “maestro” sta dipingendo la tela della Presentazione per l’Annunziata e quelli per la congregazione di san Vito.
Vi erano troppe coincidenze per non andare al fondo della faccenda, cominciando a ragionare sui dati in mio possesso e cercare di acquisirne dei nuovi.
Da dove si era rilavata la notizia che Massimo Stanzione fosse nato a Orta di Atella o a Frattamaggiore?
Il de Dominici ed i successivi storici dell’arte, che sulle di lui notizie si sono basati, pur confermando l’assenza di documentazioni a favore di una nascita del nostro in Frattamaggiore o in Orta di Atella, hanno optato per questa seconda ipotesi per le indicazioni contenute in documenti o missive a firma del maestro ove indica che in Orta di Atella vi è la presenza di beni immobili di proprietà della famiglia. L’indicazione più importante in tal senso è quella riportata nei capitoli matrimoniali sottoscritti dallo Stanzione in occasione del matrimonio di una sua figliola, nei quali lo stesso si assume l’impegno a versare delle somme provenienti dalla locazione di immobili in Orta di Atella.
Insomma che il luogo di nascita di Massimo Stanzione sarebbe Orta di Atella deriva dal dato certo che in quel casale vi erano immobili di famiglia.
Ma diamo comunque per acquisito questo dato e valutiamo gli altri elementi storici utili a ricostruire gli anni della formazione artistica di Stanzione.
Abbiamo riportato che è ritenuto un allievo di Fabrizio Santafede.
E’ nato nel 1585 e sino a 18 anni ha studiato letteratura, per cui la sua iniziazione al disegno dovrebbe avvenire attorno al 1605, periodo in cui il Santafede è molto attivo a Giugliano. Attività testimoniata dall’avere dipinto, nel 1591, per la parrocchiale di sant’Anna, la tela rappresentante la Circoncisione, per la chiesa di Santa Sophia, nel 1579, la tavola con scene della Madonna del Rosario, per la Cappella della Madonna della Pace, nella Chiesa della Annunziata, la tavola de l’Assunzione di Maria al Cielo, nel 1620 ed, infine, per il Convento dei frati Cappuccini, tanto cari alla famiglia Pinelli, la tavola raffigurante la Trinità attorno all’anno 1600.
Se Stanzione è partito per eseguire commesse in Roma nel 1617 allora, tra il 1605 e il 1617, ha vissuto e si è formato a Giugliano ove sicuramente poteva conoscere ed imparare dal Santafede.
E probabilmente cosi fu!
E’ certo infatti che la prima opera importante gli fu commissionata dai governatori della chiesa della Annunziata in Giugliano, attorno all’anno 1617, e, per la stessa, fu liquidato, nel 1618, un acconto di circa 90 ducati, come riporta Agostino Basile nelle sue “memorie historiche”, questa seguiva altre realizzate per conto della confraternita di san Vito, intorno al 1615, come ricorda, sempre, lo stesso Basile.
Stiamo parlando di una commessa importante che costituirà la base di lancio per una carriera artistica che lo portò tra gli artisti più noti dell’Europa dell’epoca, una commessa che lo vide operare accanto a noti pittori dell’epoca ed allo stesso Fabrizio Santafede.
Di certo per raggiungere questa importanza e poter essere conosciuto in tutta Europa, qualche autore di una certa importanza dovette garantire, inizialmente, per lui. Probabilmente fu lo stesso Santafede che lo appoggiò, perchè era un suo allievo, ma, probabilmente, non sono da escludere rapporti familiari tessuti dallo Stanzione stesso, come può evincersi dai documenti innanzi citati.
La famiglia di Stanzione, probabilmente, lasciò Orta di Atella per trasferirsi a Giugliano, al momento un centro urbano in grande fase di sviluppo per le iniziative poste in essere dai Pinelli.
Mantenne i rapporti con la zona di origine, tant’è che madrina di fonte di Antonio Lorenzo è una De Marinis, famiglia importante del casale di Cesa, terra posta tra Orta di Atella e Giugliano, anzi cerniera tra i due territori.
La crescita della popolazione procede a ritmi elevati e l’immigrazione, come testimoniano i registri parrocchiali, è notevole. L’attività artigiana è forte nella produzione di strumenti musicali, appannaggio della famiglia Ciccarelli. Un rappresentante di questa famiglia, Giulio, noto musicista del tempo, aveva pubblicato a Venetia, sponsorizzato da Galeazzo Pinelli, il manuale di musica “Mottetto a 3 e 4”, mentre i Cimmino diverranno tra i maggiori organari d’Italia per i due secoli successivi. Le corporazioni dei sartori e dei calzolai si affiancano per importanza a quelle dei massari e degli agricoltori.
Le fabbriche della Chiesa dell’Annunziata e della Chiesa di Santa Sophia sono una incredibile fonte di commesse economiche e di formazione professionale.
Sono due chiese di proprietà pubblica gestite da governatori eletti dai maggiorenti delle famiglie più importanti tra le quali vi erano certamente i Cacciapoto. Questi avevano già da tempo commissionato opere d’arte, cominciando dal 1419 quando Giovanni Cacciapoto commissionò la pala lignea raffigurante la Beata Vergine, esposta nell’allora parrocchiale di san Giovanni, ubicata ove oggi è la chiesa della Madonna delle Grazie, come riporta Agostino Basile. Pare ovvio che una famiglia di tale peso avesse grande voce in capitolo nella gestione delle commesse e nell’attribuzione dei lavori da eseguirsi all’interno delle chiese.
A questo punto è possibile che Stanzione, poco più che ventenne, allievo del maestro Santafede, imparentato con i Cacciapoto in quanto familiare di Maddalena Stanzione vedova di Altobello Cacciapoto, parrocchiano di san Giovanni, per avervi sposato Verginea de Zola, appartenente alla predetta parrocchia, non possa non essere stato sponsorizzato per l’attribuzione di una commessa artistica.
Il peso dei Cacciapoti e, forse, la garanzia del maestro Santafede, fanno si che Massimo Stanzione, potesse cominciare la sua meravigliosa avventura, donando all’umanità le sue meravigliose opere, partendo dalla chiesa della Annunziata di Giugliano, costruendo la sua fama su quella bravura che già il Giovan Battista Basile gli riconosceva cantandola nella sua opera “Madrigali ed odi”, del 1617, quando celebra il suo “compaesano” Massimo.
Tant’è che, come riportato nel volume della fondazione ERMITAGE ITALIA “La pittura italiana del seicento all’Hermitage. Ricerche e riflessioni a cura di Francesca Cappelletti e Irina Artemieva”, nella sezione dedicata a Massimo Stanzione, a cura di Floriana Conte e Andrea Lazzarini, si legge “……fondamentali per la ricostruzione di cronologia e committenza a Massimo Stanzione si stanno rilevando le analisi condotte intorno agli encomi poetici che Gianbattista Basile dedica a Stanzione nelle raccolte di Madrigali ed Ode, nel 1617 e nel 1627, in cui cita quadri perduti di soggetto erudito-mitologico (un ritratto di Venere e d’Amore, un combattimento tra Achille ed Ettore, un Leandro ed Ero, una Caduta dei Giganti) e un proprio ritratto, tipiche realizzazioni da galleria come la Cleopatra dell’Hermitage. Già nel 1617 Basile loda nelle opere di Stanzione eccellenti qualità di resa atmosferica, secondo un modulo consueto e frequente nella celebrazione della pratica pittorica, da Plinio a Vasari bisognerà dunque calibrare l’analisi su testi ed opere superstiti tendendo conto anche di tali affermazioni, che tuttavia paiono motivate più dalla voglia di pubblicizzare in forma topica le doti dell’amico…….”. La seconda edizione completa delle Ode del 1627 reca integrazioni ed espunzioni rispetto alla stampa precedente: Basile apre il pantheon delle personalità illustri a Napoli, cita Giovan Battista Marino, Giovan Battista Azzolino, Giulio Grazia, Battistello e Stanzione al quale riserva una nuova ode in virtù delle gratificazioni e dei titolo ottenuti.
Il testo procede citando una tela perduta prodotta dallo Stanzione per la confraternita di san Vito a Giugliano, che risalirebbe al 1615, alle quali vanno aggiunte altre prodotte per la stessa confraternita, come riporta Agostino Basile, e la tela prodotta per l’Annunziata.
Insomma per gli estensori di tale importante e qualificato testo la fama dello Stanzione sarebbe stata costruita sulla attività di divulgazione delle sue qualità portata avanti dal Basile e noi possiamo dire con certezza che la fama di tanto grande artista si è formata nell’ambiente artistico culturale della Giugliano di inizio 1600.
Antonio Pio Iannone