La pietra di via Camposcino

La pietra di via Camposcino




Giugliano Longobarda

La questione della pietra del mistero di Camposcino, o possiamo dire delle pietre, perché segnalano che ne esiste una altra poco distante, ha suscitato molta attenzione.

Quale sia la lingua usata per inciderla e a quale alfabeto faccia capo è questione demandata, grazie al prof. Nunziante Rusciano, ad accademici esperti della materia.

In attesa di lumi abbiamo individuato, sempre grazie al professore Rusciano, che la croce che chiude la pietra appartiene alla tradizione carolingia.

Da ulteriori confronti con immagini simili reperite in rete si potrebbe ipotizzare una sua realizzazione in epoca Longobarda.

Questa cosa non deve stupire.

Che Giugliano prima dell’anno 1000 sia stata una “fara”, una fattoria/fortezza longobarda, è attestata non da noi che scriviamo oggi ma dagli storici passati e non potrebbe essere altrimenti.

Il bosco di Giugliano, quella parte che si estendeva da Qualiano fino alla pineta di Licola, è stata detta gualdo, o galdo, di Giugliano sino ai tempi moderni. Galdo deriva dal longobardo wald, bosco, ed ha indicato parte delle aree interessate dalla colonizzazione longobarda come appellativo di insediamento. Ancora oggi molti luoghi in Italia portano questo toponimo come Gualdo Tadino ed altri.

Il nostro primo storico, Fabio Sebastiano Santoro, nel descrivere le vicende di Alfonso d’Aragona, nel 1437 descrive che:” …re Alfonso a man salva nel proprio letto nell’antica casa, o torre dell’utile padrone, della quale sin’oggi si scorgono le reliquie nella piazza , dove si dice pozzo, una delle antiche fabbriche come quello, che fu edificato nell’anno 777…”

Quindi, scrive il nostro, che, nel 1700, si scorgevano ancora i resti della antica torre, castello, dove era alloggiato il re, (resti) che gravavano sulla piazza detta del pozzo antico edificato nel 777. Parliamo del trivio posto tra la nostra via Cumana e la via che conduce alla parrocchiale di sant’Anna.

L’anno indicato è un anno che rientra nella fase finale del conflitto tra Franchi e Longobardi ed è un anno simbolico per una delle maggiori istituzioni religiose della storia del cattolicesimo: il complesso monastico di san Vincenzo al Volturno. Ubicato nell’attuale comune di Rocchetta e Croce, secondo il Chronicon Vulturnense, il cenobio nacque grazie a tre nobili di Benevento, tali Paldo, Tato e Taso nel 731, che vi impiegarono tutto il loro ricco patrimonio. Sottolineare l’origine beneventana dei tre fondatori da parte del Chronicon, fa supporre che l’istituzione sia stata favorita cercando nuovo prestigio dal longobardo Gisulfo II, duca di Benevento dal 743 al 749.

Nell’anno che ci interessa, perché coevo alla realizzazione del pozzo antico di Giugliano, è stato eletto abbate il franco Ambrogio Autperto, figura teologica, vicino al re Pipino il breve e precettore di Carlo Magno. Nel periodo del conflitto l’abbazia si trovò in una zona di confine tra Franchi e Longobardi. Ad Ambrogio Autperto, successe, nel 782, come abate, il longobardo Potone. Una alternanza che indica come i popoli, di norma, si sovrappongono integrandosi in ogni conquista. Nel nostro caso possiamo ipotizzare che i Franchi, freschi del possesso, abbiano voluto arricchire di una infrastruttura essenziale, un pozzo, la preesistente “fara” longobarda. La nostra pietra celebra questa iniziativa? Non lo sappiamo. Del resto a ingarbugliare maggiormente le cose concorre la concomitante esistenza della scrittura beneventana, una particolarità con autonoma caratteristiche.

Che il nucleo urbano di Giugliano abbia origine in questo periodo lo testimonia anche la sua struttura organizzativa.

Scrive Agostino Basile nel capitolo VII del suo lavoro:

“…quale sia stata la condizione di Giugliano ne’ secoli a noi più remoti, per la sua antichità, e per lo silenzio degli antichi scrittori , o che realmente non ne hanno fatto menzione, o che non è a noi pervenuto, non ne abbiamo sicure notizie.

Possiamo però giudicare, che i di lui abitatori vivessero da principio colle stesse leggi dei Cumani, e ad essi subordinati avendo da loro avuto i suoi primi principj . Egli però è fuori d’ ogni dubbio essere stato ne secoli di mezzo, un Feudo Longobardo diviso di sua natura, in più parti diviso , e da varie nobili famiglie posseduto…” e rifedendosi al pozzo vecchio ribadisce che ..”Di questi due pozzi, quello situato nella Piazza del Trivio grande è antichissimo, cavato nel 777, come scrive Santoro, e si rileva ancora da una pietra incisa, come dicono, nel medesimo pozzo, detto perciò il pozzo vecchio…”

In attesa che sia fatta luce sul testo della epigrafe accontentiamoci della testimonianza che essa pare offrire di una parte di storia della nostra comunità sino ad ora demandata alle parole dei nostri storici antichi.

Antonio Pio Iannone