Vi invito a leggere questa antichissimo rito funebre che si svolgeva nella città di Giugliano “LA CANTILENA SUL MORTO IN GIUGLIANO IN CAMPANIA “. Riporto pari pari un articolo pubblicato su una rivista di cultura popolare “Giambattista Basile” che si pubblicava a Napoli. L’articolo fu pubblicato nell’anno 1885 . L’articolo era firmato da LUIGI TAGLIALATELA
“”””””””…………… Ora voglio dire qualche cosa sull’uso ingenerato nel popolo di Giugliano di manifestare la piena del dolore per la perdita dei propri congiunti. È una scena singolare, che ognora desta la curiosità e maraviglia in tutta quanta la nostra provincia!
Io qui non mi elevo a rintracciarne la origine e le cause, che ce l’hanno prodotta, ma solo mi limiterò alla semplice esposizione dello sfogo doloroso per la morte dei loro cari. Le menti più colte poi sapranno fare le loro congetture storiche e critiche nello stesso tempo.
Quando l’ammalato è proprio ridotto agli estremi, si fa allontanare la famiglia, e non appena quegli esala l’ultimo respiro, i congiunti, che già si sono preparati i fazzoletti a fascia, facendo leva colle mani ed il capo, entrano precipitosi nella stanza del morto ancora caldo, e si rovesciano tutti sul letto, facendo ressa fra i parenti stessi per aver maggior luogo a scuoterlo, a baciarlo, a fargli dei carezzi fra schiamazzi di gridi e pianti , che toccano i più alti toni musicali. Dopo qualche tempo essi stessi, non senza l’intervento di mano amiche si levano di su al cadavere, e vanno a sedere silenziosi in altra stanza lontana.
Fino all’ora dell’esequie vi sono le cosiddette visite di rito al cadavere, cioè a maniera che uno dei parenti, ricordandosi qualche tratto buono della vita del defunto, ricomincia col pianto e coi gridi, tutti si alzano, e corrono nella stanza, dove è for- mato il catafalco, a baciare le mani ed il viso del morto.
La scena più bella incomincia poco prima che la Chiesa annunzii colla campana la chiamata dei sacerdoti per l’esequie. Si porta il cadavere nel cortile, e si mette in trono nella bara sulla coltre di velluto, ed in questo frattempo tutte le persone, che costituiscono la famiglia, hanno già formato – circolo intorno a sì fatto cataletto. Gli amici e le amiche, tutti parati a festa, vengono a dare il saluto di condoglianza, e ciascuno siede accanto al parente che più gli piace, e ciò non senza una ragione, perchè, durante tutto il tempo della scena, deve fare da consolatore e protettore di quegli sventurati.
Il portone è aperto fin dai primo momento che muore il pover’ uomo; e, come avviso a chi passa, ai due muri laterali della porta d’ingresso si mettono due fasce lunghe e larghe di color nero se il morto era adulto, e bianche o rosse se era ragazzo. Sicché questa mostra t’invita e ti esorta ad entrare liberamente.
Ed infatti tu vedi una turba di ragazzi che piglia posto su per le scale od in altri siti, ed uomini e donne anche in gran numero, tutti come spettatori di quella scena di
dolore e di curiosità! Regna per quanto si può un silenzio, e tu vedi nella famiglia del morto gli uomini coi fazzoletti tenuti per i due pizzi opposti, che messi una gamba più in alto sul pinolo della sedia, fanno leva col ginocchio in verso il loro corpo; le donne poi hanno tutti i capelli disciolti e malmenati, ed invece di
far leva col ginocchio coi loro fazzoletti, usano la testa per loro ipomoclio. Questa è la ginnastica del loro dolore, ed in siffatto movimento trovano uno sfogo alla loro sventura ! !
Non appena si fanno sentire i flebili tocchi della campana , ecco che rispondono quasi all’ unisono con gridi fortissimi e pianto tutti i parenti del morto, i quali da questo momento incominciano la storica e caratteristica cantilena sul cadavere. Ad uno ad
uno ascendono sul catafalco, e baciando e ribaciando il loro amato, cantano goffamente e piangendo tutte le lodi della persona perduta: ad esempio se è la madre, che sta in iscena e che piange la morte del suo figliuolo, schiamazza cosi : < Oh ! bene, car’ a
mam\ oh! bene, oh! be’ !!. Quannu chiste se vesteve, pareve nu capetene oh! bene, oh!
comme voglie fare, oh! bene, oh! be’ ! »
Come ciascuno avrà fatto il suo assolo sulla bara, terminano col coro di pianto, e si dimenano col corpo a dismisura. In questo momento i protettori e le protettrici debbono star quieti al loro posto, e debbono lasciar piangere e dimenare quei parenti,
se non vogliono sentirsi 1′ anatema di senza core, e simili altri improperii dalle persone, che curiose sono accorse a vedere : « Lassatele i ghi’ (3) , dicono, di chille ne” è figlie, ne è frate lu muorte, e a famiglia se l’ha da chiagnere forte forte!! »
Entusiasmati da tali parole, i parenti piangono con più veemenza, e danno maggior tuono alla cantilena, lacerando in piccoli pezzi i loro fazzoletti, che vanno a cadere sulla bara. Arrivati i preti, mentre benedicono la salma, la famiglia scende prestissimo dal catafalco, e corre veloce nella via per aspettare il morto, che esce in processione, ed accompagnarlo piangendo, e ricordando le lodi del figlio, e se questi è piccolino, di tratto in tratto gli mena pure confetti nella bara…. Tutta questa scena si confonde colle salmodie dei sacerdoti!
Arrivati quasi in prossimità della chiesa, i protettori e le protettrici fanno forza, ed inducono i parenti a ritornare, i quali, fino a che non rientrano in casa, fanno per istrada la cantilena delle lodi del loro caro, ricordandosi i più belli tratti della vita di lui.
È cosi che danno l’ultimo saluto; è cosi che danno l’addio al parente che muore !!!….
Le donne che sono state presenti a tutta quanta la scena, a gruppi si ritirano: e per via formano il loro giurì, che dimostra chi dei parenti ha portato il primato, e chi se l’ha saputo meglio piangere!…
Dicono così: “ E Mastu Criscen^e puverielle, nun saccie proprie comme nun s’è schiattate ncuorp’ a chiagnere! Poveru viecchie!…, vi che dulore ! E ‘a Giuliana ?! he’ viste che curagge?! Tantu ru’ dispiacere, si nun ‘a tenevene, se sarria menate ra copp” a basce!
Sicché ti muove al riso, o al pianto ?!….
Questo fa il popolo di Giugliano, ed è una storia antichissima, che piglia sempre più larghe proporzioni, e che mai non perderà del caratteristico in quella sua scena speciale!
Giugliano, 24 giugno 1885
Luigi Taglialatela