Qualche anno fa pubblicai sul sito della Proloco Giugliano una riflessione su di un musicologo giuglianese della seconda metà del 1500.
Di norma la prassi è quella di magnificare ed esaltare la figura illustrata mettendola, poi, nella vetrina degli oggetti preziosi che con il passare del tempo divengono privi di significato, essendosi persa la memoria di ciò che hanno rappresentato.
Personalmente ho sempre ritenuto necessario calare queste figure nel contesto sociale ed economico nel quale sono vissute perché nessuno sviluppa doti e esercita un’arte in modo elevato se manca un substrato diffuso che esercita quell’arte o quel mestiere. Un personaggio può darci informazioni su quanto lo circondava e questo è sempre stato il mio intento. Conoscere il passato per capire il presente e poter disegnare il futuro significa questo e non il solo rievocare un episodio o una pubblicazione.
Di Giulio Ciccarello recuperammo il file del testo, depositato presso il Museo Bibliotecario Musicale di Bologna, a spese della proloco, con l’idea di proporlo a cura degli alunni di una scuola pubblica ad indirizzo musicale. Ovviamente non se ne fece nulla. Le spese esorbitanti di qualche decina di euro non rientravano nel budget della Pubblica Amministrazione nostrana.
Parliamo ora dei fratelli di Giulio Ciccarello.
Giulio aveva due fratelli cembalari: Giovan Alfonso e Giovanni Tommaso.
Chi erano questi cembalari? Erano costruttori di strumenti musicali a corde dotati di tastiera. Il clavicembalo, la spinetta e il virginale. Manufatti che generano il suono pizzicando la corda anziché colpirla, come avviene nel moderno pianoforte. Lo troviamo menzionato per la prima volta in un documento del 1397 mentre la più antica descrizione, nota, del clavicembalo risale al 1440 circa.
Quindi i costruttori di questi strumenti possedevano tecnologie e conoscenze atte a produrre strumenti usati per la musica del tempo eseguita nelle chiese, nelle case facoltose e alla corte reale. Costruire strumenti musicali significa conoscere la musica, pare ovvio, ma tale conoscenza, in questa famiglia Ciccarelli, era tale che Giulio produce un testo di tecnica di canto musicale pubblicato a Venezia, nel 1568, sotto il patrocinio di Galeazzo Pinelli, dal titolo Mottetti 4-5 o Sacrae Cantiones vulgo.
È evidente che l’ambiente musicale giuglianese di questo momento storico presenta un brodo di coltura tanto vasto quanto capace di sfociare in quella che è la più ampia produzione culturale locale di metà 500.
Indicatore di realtà musicale, artistica e culturale, sconosciuta ai più anche se ipotizzabile per la presenza di illustri giuristi come Francisco de Amicis, che pose una pietra miliare sulla questione giuridica dei feudi con il suo Amplissimus tractatus in materia feudorum, opera del 1591, pittori come Massimo Stanzione, novellieri come Giambattista Basile, musicisti e cantanti come Adriana Basile, e poi, a seguire, i Cimino, organari di fama nazionale ed internazionale, e Sebastiano Santoro con il suo testo “Canto fermo”, manuale di tecnica di musica religiosa, un secolo dopo.
Immagino anche i tanti altri che hanno visto perdere notizie del proprio operato nell’oblio di una comunità sempre più impoverita, culturalmente, sino alla esaltazione odierna di forme musicali tribali come massima espressione di cultura locale.
Torniamo ai fratelli Ciccarello cembalari.
Il testo del professor Francesco Nocerino, dedicato ai “ Cembalari a Napoli nel Cinquecento”, edito nel 2003, fornisce molte notizie su questi nostri conterranei.
Di Giovan Alfonso Ciccarello sappiamo, oltre che essere originario di Giugliano, aveva una attività documentata tra il 1577 e il 1614. Documentata significa che vi sono inequivocabili certificazioni di archivio che ne testimoniano l’esistenza e l’attività.
In questo caso le ricevute dei pagamenti per strumenti musicali forniti o acquistati per loro commercio.
Uno dei documenti che il professor Nocerino riporta è il pagamento di un “clavicordo” fornito al maestro della Cappella Reale di Napoli tale Giovanni Maria Trabaci. È l’anno 1614. Altri documenti testimoniano produzione negli anni precedenti. Quello che richiama l’attenzione è la documentazione inerente l’acquisto, fatto dai fratelli Ciccarello, nel 1557, per la notevole somma di 659 ducati, da un altro produttore di strumenti molto noto al momento, tale Stefanello, di ben 85 strumenti musicali minuziosamente descritti nell’atto redatto dal notaio Giulio Cesare de Ruggiero.
Questo acquisto testimonia una capacità non solo di produrre strumenti musicali ma anche di commerciarli investendo notevoli somme di danaro. Cosa che presuppone una rete di vendita sicuramente estesa oltre i confini della provincia se non del Regno nonché una schiera di addetti alla produzione di quanto venduto dai Ciccarello.
Se Galeazzo Pinelli, Gran Cancelliere del Regno, sponsorizza un testo prodotto da questa famiglia, pubblicato a Venezia, oggi studiato negli USA, evidentemente gran parte della nostra storia è, ancora, a noi sconosciuta.
Antonio Pio Iannone