La Madonna della Pace venerata in Giugliano
L’Epitaffio e la Madonna della pace.
Oggi, l’epitaffio, è una località sommersa da un mare di cemento. Caseggiati e parchi ne hanno stravolto l’antico aspetto e l’antica magia. Si, magia, perché o’ pataffio, l’Epitaffio, è uno dei momenti misteriosi della unica ricorrenza rimasta della storia del popolo giuglianese: la festa della Madonna della pace.
Torno spesso su questa momento della storia locale. Non è piaggeria, semplicemente lo ritengo l’unico retaggio della cultura locale, l’unico momento che ci lega ad un passato meno buio degli ultimi anni che abbiamo vissuto.
A beneficio di coloro che si approcciano per la prima volta ad una illustrazione della festa di Pentecoste di Giugliano devo ripercorrere la tradizione della venuta del Simulacro nella nostra terra. Ripeto: la tradizione Per un attimo, tralascio ogni considerazione storico artistica.
Dunque, si vuole, che dopo la caduta di Costantinopoli per mano degli Ottomani, siamo nel mese di maggio del 1453, molte statue e reliquie Cristiane furono gettate in mare. Secondo i medaglioni che fungono da corona alla immagine distribuita dai confratelli durante la questua, gli angeli portarono una di queste reliquie, la nostra Madonna della pietà ossia della pace, sulle onde del mare sino al lido di Cuma. I pescatori osservando i comportamento dei buoi che si inginocchiavano dinanzi a dei cespugli, scoprirono il Simulacro. Presero la sacra statua sulle spalle e si recarono a Giugliano dove la mostrarono al popolo dinanzi alla chiesa della Annunziata dove la collocarono, onorandola di tale devozione da renderla oggetto della Incoronazione, la prima delle tre, del 1749.
Grosso modo questo è la cronaca dell’arrivo.
Manca , in ogni una delle versioni dell’arrivo che possiamo leggere, il pataffio, o’ pataffio, l’Epitaffio.
È da dirsi che una delle parti essenziali della festa, anzi il suo inizio, avviene proprio in questa piccola cappellina, rifatta nel passato prossimo secondo i canoni locali che vogliono la totale distruzione dell’esistente, privando, chi lo volesse, di ogni possibilità di esame e di osservazione. La sera del venerdì precedente la domenica di inizio delle celebrazioni, il Simulacro, un tempo in modo, un tempo, molto riservato lascia l’Annunziata e viene portato in questa piccola cappellina dove la tradizione vuole si sia fermato nel suo viaggio verso Giugliano. Il giorno successivo la processione solenne, come suole dirsi, con la presenza delle autorità civili, militari e religiose, partirà proprio dall’Epitaffio per giungere nella Annunziata e dare inizio ai festeggiamenti sacri.
Perché questo?
Non abbiamo una spiegazione storicamente documentata, sappiamo che la procedura è questa e viene rispettata ogni anno. Insomma la classica tradizione popolare della quale si sono perse le motivazioni.
Dobbiamo procedere, quindi, attraverso una analisi e una formulazione di ipotesi basate su un ragionamento sostanziato, però, dalle documentazioni che possediamo.
Partiamo dalla localizzazione della cappella dell’Epitaffio.
Sappiamo che la antica via Consolare Campana attraversava il nostro territorio lambendo le località delle “piscinelle” e di Casacelle. Nuclei di antichissima origine, al pari di Casacugnano, testimoniati come ancora esistenti nella epoca a cavallo dell’anno 1000. Nella stessa area vi troviamo la località denominata “pataffio”, Epitaffio.
Scriveva, quasi un secolo orsono, l’ispettore regio Gaetano Corrado, nel suo lavoro inerente le vie Romane, in relazione alla via consolare Campana che “… dove ha tracce veramente cospicue è nel territorio di Giugliano, al cosiddetto quadrivio delle “piscinelle”, in cui un ramo della via della Madonna dell’Epitaffio, che mena a Casacelle, si interseca con la via che va da Parete a Qualiano”, poi continua “…i serbatoi d’acqua delle “piscinelle” dovettero far parte di un villaggio a noi sconosciuto… queste opere vetuste che si conservano, dopo tanti secoli, sorgono al margine destro della via Campana, nel fondo denominato san Cesaro. Tutta la zona intorno è cosparsa di mille ruderi archeologici che rivelano le grandi orme di Roma: frammenti di colonne e capitelli, avanzi sepolcrali di tufo e travertino….ne ingombrano il suolo”.
Quindi una zona con enormi resti archeologici, almeno un secolo orsono, oggi non resta nulla, neppure le “piscinelle”, praticamente, che testimoniavano la presenza di un nucleo abitato e la esistenza del toponimo Via Madonna dell’Epitaffio, un ramo del quale portava a Casacelle intersecandosi con la direttrice Parete – Qualiano.
Andiamo oltre e analizziamo il termine stesso di “Epitaffio”.
La parola Epitáphios è composta dal Greco “su” o “sopra”, e “fossa” o “tomba”. Secondo l’Accademia della Crusca il termine indica l’iscrizione fatta sopra i sepolcri, o per iscriversi sopra i medesimi. Quindi la indicazione di una località caratterizzata dalla presenza di una iscrizione dedicata ad un personaggio importate o ad una divinità oppure un luogo di sepoltura.
Epitaffio, però, è anche il Velo Eucaristico, particolarmente sontuoso, usato nel mondo bizantino. Era così chiamato perché generalmente era adorno dell’immagine di Cristo, morto e disteso fra due angeli, simboleggiando il sudario. Una festa, quella dell’Epitaffio, che coincide con la Pasqua durante la quale il Velo sacro, L’Epitaphios, viene utilizzato durante la liturgia del Venerdì Santo e del Sabato Santo.
L’Epitaphios è anche una comune forma abbreviata di Epitáphios Thrēnos la cosidetta “Lamentazione sulla Tomba” che costituisce la parte principale del servizio religioso del “Mattutino” del Sabato Santo, officiato la sera del Venerdì Santo. L’icona raffigura Cristo dopo che è stato levato dalla Croce. Disteso, supino, sta ricevendo le operazioni che preparano il suo corpo per la sepoltura. Intorno varie figure: la madre (la Theotókos o Beata Vergine Maria), Giovanni, il discepolo prediletto, Giuseppe di Arimatea e Maria Maddalena, oltre a vari angeli. Spesso nei quattro angoli sono raffigurati i quattro evangelisti.
Le rappresentazioni derivate in ambito occidentale sono chiamati “L’unzione del corpo di Cristo” o la Pietà , con un solo Cristo tenuto da Maria.
Esiste anche un Epitaphios della Theotókos avente a soggetto la Madonna. Anche questo tipo di icona è costituita da un panno ricamato rappresentante il corpo della Vergine che giace supina. È una rappresentazione della Dormizione di Maria, celebrata il 15 agosto e conosciuta in occidente come la Assunzione di Maria.
Già da queste notizie possiamo individuare elementi comuni tra quanto descritto per la celebrazione della festa dell’Epitaffio nel mondo ortodosso e quanto è presente nella chiesa della Annunziata e nella cappella della Madonna della Pace: una tavola (iconostasi) che rappresenta da una parte gli evangelisti e dall’altro “Storie della Vergine” contenente la scena della Dormizione ed Assunzione in cielo, un Simulacro raffigurante una Pietà, proveniente dal mondo bizantino, che si ferma in una località chiamata “Epitaffio”, per poi essere collocata, dopo il trasporto del venerdi sera, in una cappella precedentemente dedicata alla Assunzione, come riporta Agostino Basile.
Da non scordare la enigmatica frase usata dal Basile riferita alla Annunciazione quando descrivendo l’altare scrive “…In mezzo il quadro dell’Annunciazione da Greca mano delineato, l’istesso, che stava nell’antica icona di legno”. Riprendendo Fabio Sebastiano Santoro che, scrivendo un secolo prima, 1714, nota riferito alla AGP: “…si per l’effige della Beatissima Vergine Annunciata da Gabriello da Greca mano delineata e sita nell’altare maggiore…”.
Si aggiunga che l’influenza bizantina sulla nostra zona, facente parte del ducato napoletano, ad eccezione del Lago di Patria, si è protratta sino alla caduta di quella entità storica durata dal 600 sino al 1130.
Quindi il termine “Epitaffio”, possiamo dire, è strettamente collegato sia ad un luogo cimiteriale che ad una rappresentazione della morte del Cristo o a quella della Vergine, rappresentate, sia nel mondo ortodosso che in quello cattolico, nella giornata del Venerdi santo e in quello della Dormizione di Maria, cadente il 15 agosto.
La zona interessata a questo ragionamento, dove, ipoteticamente, potrebbe essere stato collocato il Simulacro è quella che comprende l’area racchiusa tra le Piscinelle, Casacelle, partendo dal borgo antico fino all’attuale Arco sant’Antonio, e l’attuale Campopannone, dove la via attuale, che ricalca quella antica, parte dalla chiesetta dell’Epitaffio, prosegue verso il centro Antares, taglia via Pigna, costeggia la piscina comunale e lo stadio e termina alle spalle di un noto bar posto sulla circumvallazione esterna.
Cosa è accaduto durante il 1300 che avrebbe potuto essere causa dell’esodo verso l’attuale centro urbano degli abitati gravanti nei territori e nei villaggi esistenti attorno alla cappella della Madonna del Epitaffio?
La principale causa va ascritta sicuramente alla nuova funzione baricentrica di Napoli che subentrando a Capua e al porto di Pozzuoli ha reso minore la funzione cinematica della via Campana e del relativo volume di transito di uomini e merci. Del resto alla fine del 800 Capua viene distrutta dai saraceni, nell’ambito della lotta per la conquista del ducato di Benevento, per conto di Radelchi I, perdendo la funzione di punto nevralgico di collegamento commerciale tra la costa Flegrea e l’entroterra. Gli abitanti sopravvissuti fondarono la nuova Capua dove già vi era stato il porto romano di Casilinum , nell’ansa del fiume Volturno. Altri avvenimenti avevano decretato la perdita della importanza della campana precedentemente rivestita primo dei quali i potenziamento del già importante porto di Napoli che con l’avvento degli Angioini, nella seconda metà del XIII secolo, in particolare sotto il regno di Carlo I d’Angiò, si ampliò e si arricchì di nuovi edifici parallelamente allo sviluppo della città, ormai fra le più grandi e popolose d’Europa. Successivamente suo figlio Carlo II fece realizzare tra il 1302 e il 1307 il nuovo molo presso il Castel nuovo, detto angioino o grande. E di questo periodo la creazione di una nuova arteria che sarà quella che, con molta probabilità, assumerà la denominazione di santa Maria a cubito.
Altri episodi umani e naturali registrabili durante il corso del 1300 possono essere posti a fonte dell’abbandono della zona.
Il primo episodio storico che viene alla mente è l’omicidio di Andrea d’Ungheria, del settembre 1345, avvenuto in quel di Aversa e la successiva discesa nel regno di Napoli del fratello, Luigi il Grande re d’Ungheria con acquartieramenti nella zona circostante la città reale e combattimenti in queste aree.
La grande peste del 1348 con la sua devastazione della popolazione.
Con maggiore certezza le notizie che riporta Agostino Basile quando, parlando della storia della parrocchia di san Marco, scrive…” fu un tempo fuori dall’abitato nel luogo dove ora vi è il monastero dei SS. Antonio e Crescenzo….ed il suo titolo era san Felice martire vescovo di Nola ….poichè a quel santo era dedicata la chiesa antica e vi erano ancora alcuni edifici convicini i quali si distrussero per una battaglia ivi succeduta il 1390 come si ricava da un antico processo sopra i benefici di sant’Andrea e di s. Maria Maddalena. In quella occasione si consunsero ancora e finirono per seppellirsi sottoterra le strade delle quali si trova ancora oggi qualche segno cavandosi selci ne territori convicini talmente disposte che dimostrano essere stata una strada molto comoda fatta per il commercio di Capua”
E che la zona che stiamo analizzando fosse occupata da agglomerati abitati durante i secoli successivi all’anno 1000 e certificato proprio dalle notizie inerenti i benefici delle Cappelle della Maddalena e di sant’Andrea. Ambedue beneficiali della famiglia Taglialatela sono state oggetto di questioni ereditarie. Sant’Andrea per disposizioni lasciate dalla signora Soverchia Taglialatela, deceduta intorno al 1390, l’altra quella della Maddalena citata in una cronologia dei preposti risalente al 1453 che rimanda a documentazioni più antiche. Il loro essere citate nell’ambito della vicenda della parrocchia di san Marco ne fa dedurre la loro ubicazione precedente a quella attuale, la cappella beneficiale dedicata a sant’Andrea era accosto alla attuale scuola media G. B. Basile, proprio nell’area oggetto della presente analisi e ipotesi.
Quindi la mia ipotesi è quella che vuole che l’area attorno alla cappella dell’Epitaffio si sia spopolata durante il corso del 1300 e che la sua popolazione si sia trasferita nella zona dell’attuale centro storico e in particolare nella zona di Camposcino. La rappresentazione sacra, il Simulacro della Madonna della pace, L’Epitaphios del culto bizantino, viene trasportato nella chiesa della Annunziata, precisamente nella cappella della Assunta, che diviene luogo di sepoltura in sostituzione di quello precedente, collocato attorno alla antica chiesetta dell’Epitaffio.
In tal caso il culto per la “zingarella” sarebbe molto più antico di quanto stabilito dalla consuetudine di almeno un secolo.
È una ipotesi.
Mi conforta quanto scritto da Giacomo Chianese, nel 1938, nel suo lavoro dal titolo “ Ricognizione della Consolare Campana lungo il suo tracciato meno noto” , pubblicato nella rivista Campania Romana:…” dopo di ciò, considerato che nel terreno di san Cesario fiorì nei bassi tempi un villaggio conosciuto anche esso con il medesimo nome di san Cesario, e da pensare che la vita si sia svolta colà ininterrottamente, per secoli e millenni e, come rivelarono i sepolcri scoperti, dall’ultimo periodo sannitico al distrutto villaggio medieoevale.
I bassi tempi sono il periodo che va dall’anno 1000 alla scoperta delle Americhe.
Tutto pare tornare.
Antonio Pio Iannone