Diavoli a Giugliano

Diavoli a Giugliano




 

Raimo e il diavolo serpente.

Storia di una possessione di massa nella Giugliano del 1664

Molto spesso siamo portati a pensare che la nostra terra sia divenuta preda di demoni negli ultimi anni. Demoni che ci hanno avvelenato e demoni che ci hanno levato la dignità di città,  invece è già accaduto in passato che Giugliano divenisse dimora di diavoli. Diavoli contro i quali  è bastato un poco di acqua santa e qualche preghiera per cacciarli via, insomma dei “poveri diavoli”,  a differenza di quelli di oggi che…..ma andiamo avanti con la narrazione. Sempre nell’accompagnare il presidente della pro-loco, Mimmo Savino, tra sacrestie e registri antichi, mi sono imbattuto nel resoconto di fatti che sconvolsero Giugliano nell’anno 1664. L’anonimo estensore della nota, lunga otto pagine, è un sacerdote che, agli inizi del 1800, trascrive il contenuto del reale resoconto dei fatti stilato dal parroco della parrocchia di san Giovanni, Francesco Pragliola, nei registri della platea parrocchiale, persona contemporanea all’accaduto e, anzi, attore principe dei fatti narrati. Chi ha tramandato la nota precisa che la ricopiatura è stata difficile per la grafia del Pragliola ed in alcuni casi i termini sono stati omessi perché incomprensibili. A mia volta sono costretto a riassumerli per questioni di spazio e di facilità di lettura omettendo i cognomi per una questione di privaci ultracentenaria.
Dunque siamo nell’anno 1664 e un giovanotto giuglianese, tale Raimo,  affetto da epilessia, come si soleva dire di “mal caduco”, nel mese di maggio, parte per andare a visitare la cappella del beato Gaetano (da Thiene) a Napoli. Compiuta la visita va  salutare, nel convento dei Frati Cappucini, frate Clemente, un monaco suo parente. Colto da una crisi di epilessia cade in uno stato di silenzio ed una immobilità che dura oltre una ora. Il malessere gli vale l’immediata diagnosi di possessione diabolica. Riavutosi dal malessere ritorna a Giugliano ove, nei giorni successivi, è soggetto ad altre ricadute del male  che gli provocano lo stesso stato di immobilità e silenzio già accaduto dai cappuccini. Attorno al suo capezzale si alternano medici, preti ed esorcisti. Per i medici non vi è cura ma per gli esorcisti basta la preghiera, anzi è necessaria perché la sintomatologia manifestata dal ragazzo è indice della presenza nei paraggi di altri ossessi. Messisi al lavoro ne scoprono, nel solo mese di maggio, oltre 20 tra donne, uomini e bambini. Si stabilisce che tutti sono vittime di malie e fatture messe in opera dalle 20 maestre fattucchiere che operano in Giugliano con un seguito di oltre 50 discepoli.
Non si sa come si sia pervenuti a questi numeri ma tale è il clamore di quelle rivelazioni e lo sgomento che provocano tra i parenti degli ossessi che il governatore di Giugliano è costretto a fare  incatenare e gettare in carcere cinque donne. Portate a Napoli, nelle carceri della Vicaria, ne escono solo dopo due mesi e mezzo per ordine della reggente stesso. La carcerazione delle donne non ottiene gli effetti sperati, gli ossessi si moltiplicano fino a raggiungere il numero, tra quelli proclamanti ed i sospetti, di cento persone. Ogni giorno il paese è invaso ed atterrito dai loro strepitii ed urla. Viene convocato un esorcista di chiara fama, Don Tommaso Foglia, prete di Marcianise, che conferma l’opera delle ammaliatrici. Stessa diagnosi è stilata dall’arciprete don Di Frascia, altro noto operatore di lotte contro i demoni, chiamato per esprimere un parere di controllo a quanto relazionato dal Foglia.
Il culmine delle scoperte avviene nel giorno della festa del Corpus Domini con altri 130 giuglianesi dichiarati ossessi. La situazione precipita, il vicario di Aversa investe il Santo Officio della questione. La voce dell’accaduto varca i confini del casale e comincia ad essere oggetto di pettegolezzo e curiosità tra le genti dei casali circostanti. Prende corpo una sorta di turismo macabro con comitive di curiosi che arrivano per godere dello “spettacolo” degli  indemoniati.
L’ironia si spreca e la cura sostenuta dai più è la necessità che gli ossessi convolino a nozze e investano meglio le proprie energie, insomma, si è del parere che la cura consista nel farli maritare ed “insorare”. La incredulità degli stranieri stride, però, con la paura dei giuglianesi costretti a convivere con manifestazioni di possessione che mettono terrore nei loro cuori.
L’apoteosi dell’isteria di massa si ha quando il vescovo arriva ad ordinare che si benedicesse l’intero paese, ordine eseguito usando carrozze dalle quale i chierici, in piedi, aspergevano acqua benedetta in ogni luogo. Egli stesso si coinvolge in tale compito ma al suo ritorno in santa Sophia trova ad attenderlo molti ossessi urlanti. Dopo un primo attimo di smarrimento li affronta e li spinge verso la sacrestia dove, con esorcismi e preghiere, aiutato da altri sacerdoti, li costringe a distendersi faccia a terra. La scena è paradossale: corpi distesi sul pavimento con il vescovo che simbolicamente ne calpesta qualcuno, benedicendoli e riportandoli a vita normale. Ma la quiete ha vita breve: ormai ad ogni angolo di via vi è qualche ossesso che parla in lingue sconosciute e si esibisce in grandi schiamazzi. Tanta è la confusione creata da questa moltitudine di ossessi che la notizia giunge sino alle stanze del Vaticano: il contagio di demoni è ormai cosi diffuso da fare ritenere l’intero paese colpito dal flagello di Dio.
Si arriva al mese di ottobre senza che le cose si normalizzino per cui viene deciso di richiedere un nuovo intervento di quegli esorcisti che già avevano operato nei mesi precedenti. Questi arrivano è si istallano nella casa del padre di Raimo,  elevando a base operativa nella lotta contro il diavolo la chiesa di sant’Anna ove esorcizzano per le intere mattinate e la sera dalle ore 20 sino a dopo la mezzanotte. Alla fine i veri ossessi vengono individuati in 40 soggetti, tra uomini e donne. Non pochi per una paesello di qualche migliaia di anime. Le urla e gli strepiti di questi dannati non fanno chiudere occhio alla gente tranquilla. L’apoteosi, per gli spettatori, si ha durante gli esorcismi, quando gli ossessi cacciano dalla bocca schiuma e diverse sostanze usate delle maghe. Dopo quindici giorni di lavoro gli esorcisti decidono che possono andare via perché il demonio è sconfitto. Durante questo periodo di soggiorno hanno operato maggiormente nella cappella di san Giuliano, perché molti ossessi hanno riferito che gli spiriti demoniaci esaltano la vita del patrono di Giugliano ed anzi sostengono che egli è da considerarsi il secondo Nazareno, avendo ricevuto il martirio a imitazione di Cristo. Altri  spiriti si dilettano a comporre sonetti, canzoni e madrigali in onore del santo patrono, di santa Caterina ed alla beata Vergine del Rosario. Alcuni sacerdoti dell’ordine dei Paolini, venuti a Giugliano per aiutare gli esorcisti, stupiti di quanto udito durante le pratiche contro i demoni, in particolare dallo spirito che possiede Raimo, fanno recare il giovane altre volte alla cappella del Beato Gaetano ottenendo la certezza che nella città di Napoli vi sono  2000 ossessi dichiarati ma moltissimi sono ancora da scoprire. L’ultima sera di permanenza a Giugliano gli esorcisti hanno operato nella chiesa di santa Sophia sino a notte inoltrata. La loro prossima partenza ha suscitato apprensione tra gli indemoniati tanto che, tra urla e bestemmie, è Raimo stesso a chiedere di incontrarli. In verità a voler comunicare con l’esorcista è lo spirito che possiede il giovane. Ottenuto il colloquio, il demone comincia a dire, con fare mellifluo, di essere il servo dei santi e che questi non vogliono la partenza degli esorcisti perché tanto vi è ancora da scoprire. In verità con queste parole vuole vantarsi della diffusione del suo potere tra le genti. Il sacerdote udite queste parole decide di rimanere e riprende a esorcizzare nella cappella di san Giuliano ove si registrano esorcismi di gruppo, fino a 25 persone per volta, tra urla, salti e grandi rumori. Ridiventa cosi numerosa la folla degli ossessi che si deve riprendere ad officiare nella chiesa di santa Anna ed in altre. È ripreso lo spettacolo di uomini e donne che strepitano, buttando dalla bocca schiuma e grasso putrido e puzzolente, invocando il santo Giuliano e la santa Caterina ai quali dedicano la propria obbedienza. Al risveglio queste persone nulla ricordano di quanto accaduto ma altri continuano a percorrere lo spazio tra la cappella di san Giuliano e le altre della chiesa, dove vanno a lodare il santo. L’isteria o la possessione comincia a mieter vittime tra i clerici: , oltre a Raimo , si deve rilevare che il maggiore ossesso è il chierico Silvestro.
Questi continuano a ripetere, unitamente agli ossessi, che solo  il celebrare la festa di san Giuliano avrebbe messo fine all’opera dei demoni. Nasce una discussione tra quanti ritengono di doverlo fare alla data del 27 gennaio e quanti vogliono si faccia subito. La tesi maggioritaria è quella di fare la festa nel giorno consueto e la processione dopo la Pasqua con tempi atmosferici meno piovosi. Ma non è possibile trattenere quelli che vogliono di faccia immediatamente, nonostante che , essendo dicembre, le giornate siano corte e piovose. Alla fine la festa viene celebrata tra processioni e fuochi d’artifizio. La partecipazione ad una festa, ordinata da indemoniati, di curati e sacrestani provoca grande scandalo tra la gente, scandalo mitigato solo dal presunto miracolo della cessata pioggia durante la processione che si snoda in tutti i luoghi del paese meno che per la zona dell’Annunziata. La celebrazione pare avere calmato gli ossessi che attribuiscono questa quiete all’intervento di san Giuliano, anche se durante la processione si sono distinti per essersi messi a camminare dinanzi alle reliquie facendo fracasso e piangendo come anime dannate, in particolare durante lo scoppio dei fuochi. Il giorno successivo riprendono gli esorcismi utilizzando le immagini di san Giuliano stampate su rame e ponendole dinanzi agli ossessi. Molti religiosi che non erano stati favorevoli alla processione sottolineano come questa non avesse posto fine ai fenomeni ma esprimono la sicurezza che alla processione del 27 gennaio la guarigione sarebbe stata totale, essendo questa la vera festa del santo. È necessario precisare che in antico prima che accadessero i fenomeni degli ossessi la festa si svolgeva nei mesi di ottobre e dicembre e furono i padri gesuiti, qui in missione, a portare le reliquie in processione per le vie di Giugliano scoprendo, già con tale pratica, molti ossessi occulti. Il giorno del 27 gennaio viene celebrate la tradizionale festa di san Giuliano con devozione ed esposizione dei corpi santi sull’altare maggiore. Seguono gli esorcismi che durano per gran parte della notte. In questa occasione il demone che possiede Raimo, parlando per sua bocca, dicendo di chiamarsi “Serpente” ed essere soggetto solo a santa Caterina, promette che sarebbe uscito dal ragazzo solo all’ottava. Il curato di san Marco prende ad ingiuriarlo attirando su di se l’odio dello spirito. Arrivata la giornata dell’ottava e, a seguito degli  esorcismi praticati, lo spirito detto “serpente” lascia il corpo di Raimo, che, per lo scampato pericolo, scappa via da Giugliano. Sembrava tutto finito, tutti guariti, quando una triste mattina uno spirito, che si era impossessato della giovane Giacobina, e si faceva chiamare anche lui “Serpente”, riappare e dice, per bocca della donna, di essere capo di tutti gli spiriti di Giugliano. Per dimostrare la veridicità di quanto afferma comanda a tutti gli ossessi di  buttarsi a terra ed emetterle urla straziate, cosa che quelli fanno immediatamente. A quella vista il parroco di sant’Anna, don Gregorio d’Orta, comincia a lottare contro il demone con esorcismi,  preghiere, ingiurie e salti, in un combattimento durato oltre sei ore. Tale è la paura, che si è sparsa, anche al di fuori di Giugliano, che un funzionario del fisco che doveva venire in Giugliano a dirimere una questione sorta tra gli Eletti dell’Università e colui che aveva subaffittato  il feudo, Francesco Raviglione, per paura dei demoni si è rifiutato di venirvi. Stesso rifiuto ha opposto il nuovo vescovo di Aversa, don Paolo Carrafa. Ma a differenza del funzionario del fisco il vescovo non può esimersi dalla visita pastorale, per giunta in una realtà dove si sta lottando contro il demonio e finisce per trovarsi, anche lui, al centro degli schiamazzi degli ossessi. Ormai è certo che il luogo infestato dal demonio è la casa di Raimo, perché vi vive e via abitano, affianco, sia Giacobina che altre due donne indemoniate.
Tutti gli altri ossessi hanno ripreso a confessarsi e comunicarsi, in particolare quelli della parrocchia di san Giovanni che abitano nella zona di Licoda. Il pericolo di una azione violenta contro la casa di Raimo è ora più che probabile. La gente si è convinta che da quella casa partano le fatture ed i malocchi. Nella follia collettiva individuano in un nipote del parroco Pragliola uno dei maghi. Il giovane dove starsene chiuso in casa per oltre venti giorni. Ma le cose non si mette bene e si rischia sempre più che l’isteria collettiva sfoci in qualche bagno di sangue che può coinvolgere le famiglie ritenute indemoniate. A richiesta degli eletti del popolo si ha un  nuovo intervento di monsignore Di Frascia. Il prelato ritornato a Giugliano esorcizza chiunque vivesse o abitasse nei paraggi della casa di Raimo o semplicemente la frequentasse. Alla fine Giugliano viene  proclamata libera dal demonio con la minaccia, per chiunque avesse sostenuto il contrario, di denunzia al Santo Officio, con le successive, sgradevoli, conseguenze.
Il nostro cronista conclude la sua narrazione. Leggere questo resoconto è stato scioccante, si è portati a pensare che certe cose accadessero lontano dai luoghi dove vivi ed invece tutto quanto narrato è tutto accaduto a Giugliano: in casa nostra.

Antonio Pio Iannone
Pro Loco Città di Giugliano