ANNA PIROZZI: LA GIUGLIANO CHE (IN)CANTA

ANNA PIROZZI: LA GIUGLIANO CHE (IN)CANTA




Intervista al Soprano che sta entusiasmando il mondo dell’Opera

 

Dopo una lunghissima attesa, dovuta ai suoi molteplici impegni, siamo riusciti ad entrare in contatto telefonico con Anna Pirozzi, il celebre Soprano che, dopo  tanti sacrifici, uniti a dedizione e passione, volontà ed entusiasmo sta infiammando i palcoscenici di mezzo mondo, grazie al suo innato talento.

Il ritratto che ne viene fuori, è quello di una donna, artista e madre la quale, con infinita cortesia e nonostante i continui spostamenti da un continente all’altro, ha trovato pure del tempo da dedicarci.

Di lei hanno già scritto in molti e tutti hanno confermato, soprattutto gli addetti ai lavori, le indubbie qualità ed hanno sottolineato il radioso futuro che l’attende, oltre la splendida realtà che già sta vivendo.

Chi volesse saperne di più su questa straordinaria Signora della Musica, può dare un sguardo esplicativo al suo sito: www.annapirozzi.com e rendersi conto di quale sia lo spessore artistico, ed il percorso umano, che l’ha portata a calcare i più grandi templi della Musica e specialmente della versatilità, qualità rara, che la contraddistingue.

Questa conversazione vuole essere, in special modo, il sentito omaggio della nostra terra ad una grandissima interprete.

Lei che nasce in questa città, Giugliano, e ne rappresenta, ai massimi vertici, l’espressione musicale, sicuramente avrà cantato da ragazza le melodie nostrane. Quando, però, scopre che la musicalità innata l’avrebbe portata ad altri più prestigiosi ed esigenti palcoscenici?

Quando scopro la mia musicalità? Diciamo che io ho sempre cantato; da piccola dove guardavo tutte le Edizioni di Sanremo o mi scrivevo i testi, li imparavo, li ricantavo e poi li cantavo alla mia famiglia: insomma ero portata per il canto, cantavo sempre. Poi ad una certa età ho iniziato a cantare musica Pop, cantavo nei ristoranti ai matrimoni ecce ecc. E poi è arrivato questo scatto di iscrivermi al Conservatorio per imparare il canto lirico di cui non avevo nessuna idea; anzi, quasi non mi piaceva perché per me c’era solo la musica leggera. Però mi iscrissi e appunto dovetti fare l’esame di ammissione; l’unica canzone un po’ impostata era l’Ave Maria che cantavo ai matrimoni, l’Ave Maria di Schubert. E quindi il maestro di allora mi disse: “Ma lei ha già cantato lirica?”. “No”, risposi e lui mi disse: “Beh, lei ha una voce portata naturalmente al canto lirico”… E così da lì iniziò il mio percorso di studi, e quando capii che avrei potuto vivere di questa professione, che poi non chiamo mai professione ma è una passione vera e propria. Quando, qualsiasi persona mi ascoltasse provava forti emozioni, questo mi faceva capire che dovevo continuare a regalare la mia voce al pubblico e quindi mi sono impegnata con tutta me stessa per farla diventare poi una professione.

Lei, poi, frequenta il Regio Conservatorio Giuseppe Verdi, di Torino, un’istituzione di alta scuola artistica che registra, subito dopo la guerra, la presenza di Direttori quali Wilhelm Furtwängler; cantanti come Elizabeth Schwartzkopf e Dietrich Fischer-Dieskau. Quali gli insegnamenti che riceve dal Soprano Silvana Moyso prima, e poi frequentando il Masterclass con l’immensa Mirella Freni, Daniela Dessì, la bastigliese Sylvie Valayre, Luciana D’Intino e dal Tenore di Plattsburgh Rockwell Blake?

Sì, prima ho frequentato per quattro anni l’Istituto musicale di Aosta, e poi due anni di perfezionamento al Conservatorio di Torino con la Signora Moyso, appunto, e con lei sicuramente ho imparato la musicalità, il fraseggio, cantare Verdi con lei: ricordo che il mio primo ruolo fu Leonora del Trovatore, che studiammo molto approfonditamente. E poi invece tutti i numerosi Master Class che ho fatto con i grandi cantanti come la compianta Mirella Freni, Daniela Dessì, anche lei, e tanti altri come Luciana D’Intino che ho frequentato di più; da ognuno di loro prendevo ciò che era buono e giusto per la mia voce, altre cose le scartavo e altre le facevo mie; quindi mi sono fatta un mio bagaglio tecnico-vocale-musicale, che ancora oggi porto nel mio canto.

La napoletanità, intesa come propensione al canto, l’è stata di aiuto?

La napoletanità sicuramente mi ha aiutato nell’essere più estroversa, più espansiva e sicuramente anche passionale; e questa naturalezza, appunto, nel canto, sono sicura che viene dal mio sangue, dalla mia regione, dal mio Paese che amo tanto e che porto sempre con me ogni volta che canto qualsiasi cosa, da Verdi alle canzoni napoletane, e ne vado fiera e lo dirò sempre: felice di essere napoletana.

Una dote congenita la sua che, come lei stessa ha dichiarato, ha però  bisogno di studio e dedizione. Si reca nella Capitale del Valzer, al Konservatorium. Che ricordi ha di quel periodo?

Dunque a Vienna, dopo questo percorso di quattro anni di studio ad Aosta, ci sono proprio scappata, come a voler trovare l’insegnante della vita insomma e di poter iniziare già a cantare, con proprio tanta voglia di cantare, e anche di imparare cose nuove e in altri posti diversi, di lingua e tutto… E quindi andai tre mesi da sola e conobbi una nuova realtà musicale, vocale anche perché magari erano altre scuole anche se io ritengo che la tecnica del canto lirico è una sola; però tutto fa esperienza anche quel periodo mi servì molto, presi delle cose buone per me, altre le scartai, ma poi tornai in Italia, con tanta altra voglia di conoscere e di migliorarmi.

Nel 2013 si afferma nella Trentesima edizione del concorso di canto “Mattia Battistini”. Possiamo dire che è stata la sua prima grande affermazione?

La mia vittoria nel concorso Battistini 2013? No, forse era un po’ prima del 2013, controllerò. Sì, è stata la mia prima grande vittoria, il mio primo grande traguardo, dopo un periodo fatto di studi; feci tanti concorsi, devo dire la verità, tante audizioni, ma andavano tutte male, tutti che mi dicevano “Sì sì, ha una bellissima voce, ma, ma”; invece al Concorso Battistini vinsi il Primo Premio Assoluto e il ruolo di Leonora per il Trovatore, che poi non feci in quell’occasione ma comunque in quel Concorso si portavano le arie del ruolo e quindi io vinsi questo Premio che mi aiutò poi ad entrare in questo mondo lavorativo.

La svolta nella sua vita artistica avviene allorché Ricardo Muti la chiama. Ecco: quali pensieri le sono balenati, in quel preciso istante, nella mente e nel cuore?

Dunque: Muti arrivò in un momento in cui la mia carriera stava veramente prendendo una buonissima piega; quindi iniziavo a intessere successi e quindi Muti arrivò così all’improvviso con una telefonata, mi chiesero se ero disponibile di sostituire una collega a Salisburgo con Muti, per fortuna accettai senza neanche pensarci, perché il ruolo era un ruolo che io sentivo mio, sento ancora mio, il mio cavallo di battaglia, lo avevo già cantato tante, tante volte e quindi accettai senza nessun pensiero negativo; anzi, con tanta gioia tanta grinta, pronta a conoscere anche il grande Maestro Muti che ringrazio per quella bella occasione che mi diede, e che fu un grande successo, e da lì la mia carriera ancora migliorò, fino ad ora la porto sempre nella mente e nel cuore.

Non è trascorso tanto tempo da quando il M° Muti, in un discorso alla Camera, affermò: “Se insegniamo Musica ai bambini avremo una società migliore”. Poi tuonò: “Non siamo questuanti con la mano tesa, la Musica non è intrattenimento”. Vuole aggiungere una sua riflessione a questo grido di dolore?

Sì, sicuramente la musica va insegnata ai bambini già dalle elementari o anche prima se si può; però, siccome vedo il mio esempio concreto, vale a dire che io fino ai 25 anni che iniziai al Conservatorio non conoscevo la Lirica, non conoscevo l’Opera e quando la conobbi me ne innamorai (un autentico colpo di fulmine) e pertanto mi chiesi: “Che cosa mi sono persa in tutti questi anni?”; avrei potuto già goderne prima di questa arte stupenda che è l’Opera, che è italiana, e quindi prego anch’io tutte le scuole, e anche per i miei figli che è ovvio in casa vivono l’Opera da quando sono nati anzi dal mio ventre, di introdurre sia l’insegnamento della musica che la conoscenza di questa grande arte che è l’Opera.

Un’altra sferzata è arrivata poco tempo dopo. La sua orchestra giovanile, Luigi Cherubini, è fiore all’occhiello di uno Stivale sordo al richiamo dei talenti, almeno per quanto concerne questo settore. “La scuola, la politica facciano qualcosa per evitare che questo Paese viva soltanto di ricordi”. Quanto è difficile, oggi, essere Il Soprano?

Dunque, oggi come oggi, sappiamo che la situazione dei teatri, più che altro quelli italiani, è molto difficile, molto dura e purtroppo i tagli finanziari hanno indotto alcuni teatri e molte orchestre a chiudere i battenti e quindi a non poter più regalare al pubblico quest’arte, appunto, l’Opera, ma anche la musica classica, la sinfonica e quindi questo: perché? Non vorrei entrare troppo nel merito, che non mi compete, però c’è poca riconoscenza in quest’arte che è molto importante e fa parte delle nostre radici, non dobbiamo lasciarla morire, e coltivarla; quindi prego le istituzioni, la politica, chi deve, chi deve sì, chi è a capo di sovvenzionare i teatri italiani: anche a me piacerebbe cantare solo in Italia e qualche volta andare all’Estero perché amo L’Italia, amo il mio Paese, la mia lingua, la lingua dell’Opera e quindi vorrei cantare di più in Italia; ma, ahimè, questo non è possibile e quindi spesso mi trovo ad essere fuori casa, all’estero e lontano dalla mia famiglia, lontano dal mio Paese: quindi spero che questa situazione migliori per poter tornare ai Teatri italiani più belli del Mondo.

Il Pianista Nazzareno Carusi, apprendendo che per Expo 2015 il Teatro Alla Scala di Milano verrà asservito ad un’orchestra venezuelana –la Simon Bolivar- e relative Juvenil ed Infantil, ha lamentato “Questa è follia artistica prima che una stupidaggine politica”, che non permetterà ai nostri giovani di esprimersi e di conseguenza valorizzarsi. Come vede, Anna Pirozzi, il futuro di quanti si accostano ad una tradizione che il Pianeta ci invidia ma che saranno, con questa miope lungimiranza, costretti ad emigrare per veder riconosciuto il proprio talento?

Come ho detto prima: questa tradizione va nutrita, va coltivata e quindi non lasciamola morire e diamo una possibilità ai giovani, giovani talenti e giovani anche volenterosi che l’amano; io vedo oggi tanto pubblico giovane all’Opera che ama l’Opera, che ama la musica classica, che vuole studiare, e mi chiedono consigli su come fare, come non fare; quindi aiutiamo la gioventù, il futuro dell’Opera della Musica in Italia e anche all’estero, ovunque, perché quest’arte non morirà mai, mai e poi mai… Cerchiamo di non far andare via questi ragazzi giovani dal nostro Paese per studiare, perché le scuole buone ci sono in Italia di musica, di canto, di strumenti musicali, per tutto. L’Italia è Patria di grandi maestri, di grande scuola e perciò aiutiamo i giovani a non andare via dal nostro paese dall’Italia e studiare accanto alle proprie famiglie così si è anche più invogliati, e quando si è lontani da casa subentra la tristezza, la malinconia del proprio Paese, della propria famiglia, e quindi magari vengono meno gli studi: se si studia nel proprio paese, sicuramente verranno dei talenti e dei musicisti, grandi musicisti affermati.

In diverse circostanze si è notato come sia stato consentito l’accesso nei Teatri ad un pubblico vestito casual pur di far affluire quanta più gente possibile. A mio modesto avviso, in contraltare ai superbi abiti di scena ed alle sfolgoranti coreografie, questa permissività rappresenta una sorta di “sacrilegio”: vuoi per il rispetto verso gli interpreti, che nei confronti della “sacralità” della Musica. Cosa ne pensa Lei al riguardo?

Dunque: per me l’accesso ai teatri sicuramente deve avvenire in modo più semplice, meno serioso, con meno cliché; però dall’altro lato neanche proprio lasciarsi andare perché comunque è un luogo dove si fa, e come c’è scritto sui libri di Musica, “Musica Colta”; quindi è un luogo colto dove, insomma, bisognerebbe avere un certo portamento e quindi avere un abbigliamento consono non dico da grandi feste, ma sicuramente anche, sì forse non per rispetto degli artisti, ma proprio per il luogo, ecco: però neanche troppo esagerato dall’altro lato, magari si potrebbe dividere ad esempio, chi sta in Platea deve avere un certo abbigliamento, chi invece nei loggioni, nei piani, può avere un altro, non so però trovare una via di mezzo ma non esagerare dall’altro lato, è comunque un teatro, ed è bello proprio andarci, prepararsi; io ancora adesso quando vado a Teatro, mi emoziono perché c’è tutta una preparazione psicologica all’ascolto e al vivere le emozioni dell’opera dal vivo, la musica dal vivo, quindi anche nell’abbigliamento, è bello fa parte anche questo dell’Opera; quindi teniamo le nostre tradizioni, anche se una volta in teatro si faceva di tutto e di più, si mangiava, si fumava, si chiacchierava, però insomma è sempre un luogo da rispettare. Ecco!

Lei, che si è esibita in numerosi Teatri, mi dica: esiste sempre la “paura” del loggionista il quale, incarnando il Melomane per antonomasia, è pur sempre lui, aldilà delle critiche specializzate, che decreta il successo o meno di un/a interprete, o dell’Opera nella sua globalità; o sono passati i tempi di questi esperti ed intenditori sempre in agguato a conclamare o a distruggere carriere?

Per quanto riguarda i loggionisti, io ho con loro un rapporto particolare, sono sia amata che odiata diciamo, non proprio nel vero senso della parola, però ho ricevuto sia consensi che dissensi e certo lì per lì fa male ricevere un “Buh” però se si è coscienti di aver fatto bene e che per il resto del pubblico, sono più forti gli applausi che quei due o tre “Buh”, quattro o cinque “Buh”, questo poi ti fa riflettere, ti fa capire che si va avanti lo stesso, che fa parte del gioco, che bisogna accettare anche questo e quindi, quindi si va avanti. Certo una volta era più forte questa cosa dei loggionisti perché appunto potevano distruggere, distruggevano carriere di anni interi di un grande cantante; questo adesso è un po’ meno, meglio così, perché noi cantanti ci mettiamo tutto noi stessi, preparati, cioè prepariamo un ruolo mesi e mesi prima, studiamo, andiamo lì facciamo un mese di prove e tutto si concentra in due o tre ore di spettacolo e c’è tanta emozione, ci sono tante cose che magari il pubblico a volte non capisce e vuole subito un prodotto eccezionale, ma devono capire che siamo esseri umani, che il nostro strumento è il canto: il canto la voce dell’anima che è dentro di noi e quindi non possiamo comandare come vogliamo, ma va anche in base molto alle emozioni, sì certo la tecnica, ma c’è tanta emozione, quindi spero che il pubblico diventi più mansueto nei nostri confronti. Ecco!

Ha coronato il suo sogno, e vale a dire esibirsi al San Carlo. Secondo Lei il pubblico è uguale in ogni angolo del mondo, oppure ci sono templi che incutono un timore reverenziale o che affascinano in modo particolare?

Sì, cantare al San Carlo è stata una grande emozione, e lo è ancora adesso e quando non canto al San Carlo mi manca e non vedo l’ora di tornare, il pubblico mi vuole bene e quindi felice sempre di tornarci. Certo ci sono altri teatri che per la storia incutono un po’ più di timore come quei grandi teatri come La Scala, Il Metropolitan, il Covent Garden di Londra, Vienna ed altri… nei quali io sono stata e però devo dire che il pubblico, se tu emozioni e che il canto passa emozione, il pubblico è tutto uguale; cioè reagisce in modo uguale: con applausi, con consensi, con emozioni e quindi diciamo che la parola che unisce tutti i pubblici dei teatri del mondo è l’emozione, emozionarsi. Ecco cosa vuole il pubblico quando viene a sentire un’Opera.

La sua ecletticità l’ha portata ad indossare i panni della Tosca di Puccini; Desdemona, l’ardua Abigaille di Giuseppe Verdi; Nedda di Ruggero Leoncavallo; Santuzza, per la Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, e tante altre, tra le quali Butterfly, tutte riportate nella sua biografia. C’è qualcuna tra questi personaggi, che l’abbia fatta esclamare: Ma questa sono io?

Dunque, ho interpretato tantissimi ruoli e forse l’unico che non ho ancora cantato è “Butterfly” e diciamo che la domanda: “Ma questa sono proprio io?”, non me la sono mai fatta, anche perché cerco sempre di entrare con tutta me stessa nel personaggio, quindi di identificarmi, non ho mai detto: Questa sono io? No, non posso farlo…No, ho sempre cercato di entrare nelle emozioni di questi personaggi, quindi che sono svariati, che c’è la passione, l’amore, il dolore, la rabbia, quindi cerco sempre di immedesimarmi e di entrare nel personaggio.

Lei che ha nel suo carnet tantissimi ruoli con innumerevoli sfaccettature vocali; come concilia il ruolo di moglie e madre, adesso che orari e ritmi sono piacevolmente cambiati?

Dunque fare la cantante lirica in carriera internazionale e fare la mamma, la moglie, diciamo che è mooolto difficile, ma si può fare, si può fare se si ha accanto una grande squadra e io l’ho avuta, c’è l’ho ancora: in primis mio marito; poi anche mia madre, tutta la mia famiglia che mi hanno sempre aiutata e quindi se la famiglia è unita si può conciliare; certo, magari abbiamo bisogno di riposare un po’ di più per poter cantare al meglio e quindi si dedica meno tempo ai bambini, perché i bambini si sa ti tolgono tante energie, ma con gioia ovviamente e devo dire che da due anni, no da un anno, la mia famiglia non mi segue più, quindi viaggio da sola e devo dire che mi fa soffrire certo, mi mancano tanto i miei bambini, ma è così: è una scelta che si è fatta insieme, io con mio marito e i miei bambini, loro lo sanno che la mamma torna, e che va a cantare che poi torna a casa e quindi si riesce a conciliare tutto questo. Ecco!

Recentemente è ritornata nella sua città d’origine per ricevere il premio G. B. Basile, ideato dalla nostra Pro Loco che, come sottolineato dal Presidente Mimmo Savino, per la prima volta è stato consegnato ad una personalità locale e dove, nella Sala Consiliare, ha estasiato i presenti con due Arie celebri quali: Vissi D’Arte e con O Mio Babbino Caro. Quali sentimenti ha portato via con sé?

Dunque: questi due premi ricevuti il “Basile” e anche poi nella Sala Consiliare è stata per me una grande emozione, devo dire che forse è stata l’emozione più forte che ho provato, perché essere premiati nella propria città con le persone che ti conoscono da quando sei nata e ti hanno vista crescere, devo dire che è una grande emozione, poi, la presentazione del signor Tobia Iodice, avevo le lacrime agli occhi devo dire: ho fatto fatica a contenere le mie emozioni, non riuscivo a parlare, è stata una bellissima serata, molto commovente, ancora se ci penso adesso e non so neanche come ho fatto a cantare ma sono felice che sia stata una bellissima serata e che tutte le persone abbiano apprezzato, sono molto orgogliosa, fiera. Di tutto ciò ringrazio il Comune di Giugliano e soprattutto la Pro Loco per aver pensato a me.

Mi consenta un ultima domanda. I prossimi impegni la vedranno al Teatro Regio di Torino, in Floria da Tosca; a Novembre sarà Amelia, in Un Ballo In Maschera; poi a Dicembre, di nuovo Abigaille, in quel di Valencia al Palau De Les Arts Reina Sofia. Il 2020 sarà ancora più impegnativo; difatti, sarà in giro per il mondo tra Melbourne, Liegi, al Carlo Felice di Genova; poi in volo per l’Australia ma a Sideny; ed ancora Montecarlo, Amsterdam e via cantando. Ma nel futuro è ipotizzabile, per Anna Pirozzi, l’entrata in una sala di incisione? Ci ha mai pensato?

Dunque: questo anno 2020 mi porterà in nuovi teatri, nuovi paesi lontani, come l’Australia e sono molto felice per questo, e l’incisione è un pensiero che ho da tanto tempo, ci penso da tempo, né ho parlato  anche con il mio agente-manager, è una cosa che vorrei fare ecco… vorrei lasciare qualcosa, vorrei lasciare il ricordo della mia voce, per quando andrò anch’io nell’Aldilà, e ci tengo appunto a lasciare qualcosa di inciso e quindi ci sto pensando seriamente, spero che questo mio sogno si avveri presto. Anche se comunque incisioni in dvd, ci sono già di opere intere come il Trovatore fatto a Macerata, come i due Foscari alla Scala, il Macbeth a Palermo e quindi di dvd in Opera ci sono; ma, mi piacerebbe proprio incidere un Cd di Arie Verdiane, anche di canzoni napoletane, mi piacerebbe anche musica da camera, canti, un Cd di canzoni, e di Arie Opera, ecco questo è il mio sogno e spero si avveri presto!

Gentilissima Signora Anna Pirozzi, orgoglio e vanto della nostra città: tutta Giugliano le augura di realizzare i suoi sogni.

  1. S. Ringrazio per la fattiva collaborazione e per la preziosa intercessione: Mimmo Savino, Presidente Pro Loco Giugliano

filippodinardo@libero.it