HAMAE E IL TEMPIO SCOMPARSO

HAMAE E IL TEMPIO SCOMPARSO




 

Gli amici che seguono la nostra pagina sanno che il mio maggiore interesse è la costruzione della storia di Giugliano nel periodo compreso tra il 1500 ed i 1600.
Un interesse che nasce dalla convinzione che sia stato questo il periodo di massimo sviluppo economico e sociale della nostra comunità.
In alcuni casi mi sono proiettato in periodi più lontani e mi sono cimentato ad ipotizzare la ubicazione del primitivo Castrum romano facendo derivare la mia ipotesi dai toponimi ancora esistenti.
In questa occasione voglio andare a descrivere una particolare struttura sacra esistente sul litorale della nostra città spingendomi ancora più in là nel tempo, precisamente al periodo in cui le nostre zone erano controllate dai capuani.
Un inciso d’obbligo: confesso che la mia curiosità per questa struttura sacra è stata sollecitata dagli interventi, su varie testate, di Aniello Pennacchio, mio amico di divagazione storica.
Capua, dunque, è stata una città che per secoli antichi ha rivesto una funzione importante nella storia di questa parte d’Italia per la sua posizione geografica. Molto si è scritto sulle sue origini. Certamente la fase di maggiore crescita è stata quella della influenza etrusca. Con la caduta di potere di questa popolazione sulla Italia meridionale, indicabile come conseguenza della battaglia di Cuma del 474 a.C., Capua diviene oggetto di mire delle popolazioni campane, sannite in particolare. Pur di sventare queste mire si dona a Roma pur serbando, sempre, il suo spirito di indipendenza. Lo farà anche in occasione dell’episodio che ci interessa e che narriamo in questo breve scritto.
Parliamo di Hamae.
Questo nome non dirà molto a chi non si è mai spinto oltre la normale frequentazione della storia nostrana.
Hamae era la località ove sorgeva un importante santuario. In questo veniva venerata, sicuramente, una delle divinità derivate del pantheon etrusco: LETAHAMS.
Ma procediamo con ordine nel mettere in sequenza le nostre informazioni.
Una delle fonti dalla quale apprendiamo della esistenza del santuario è Tito Livio.
Nella sua opera Ab Urbe Condita, una cronologia delle vicende della città eterna dalla sua fondazione in poi, narra della seconda guerra punica combattuta tra il 281 ed il 202 a.C. Dopo la battaglia di Canne, del 216 a.C., molte città italiche si schierarono con l’africano. Una sorta di gesto di liberazione dalla oppressione romana. La più importante tra queste città fu Capua, tanto che Annibale vi pose campo per ben 5 anni, dal 216 al 211 a.C.
Nelle descrizioni di questo periodo Tito Livio ci fornisce informazioni sul tempio oggetto di questo piccolo divertissement fornendoci una ubicazione di massima: Hamae era distante tre miglia da Cuma, verso nord. Circa 4,4 kilometri.
I capuani cercavano di impossessarsi di Cuma che parteggiava per i romani. A questo scopo organizzarono un inganno per riuscire nell’intento. Una sorte di cavallo di troia. Invitarono il senato cumano presso il santuario di Hamae per partecipare ad una cerimonia religiosa in nome della comune appartenenza geografica e la condivisione, per questa comunanza, di amici e nemici.
Hamae era posta in una sorta di linea di confine tra la zone di rispettivo controllo capuano e cumano.
I cumani, fintamente, accettarono l’invito ma, nel contempo, inviarono una ambasceria ai romani, accampati nei pressi del fiume Volturno, avvertendoli che a tre giorni dalla ambasceria ci sarebbe stata questa cerimonia religiosa alla quale avrebbe presenziato il senato capuano e il comandante supremo della lega Campana, il Meddix Tuticus, Mario Alfio.
I romani si spostarono nei pressi di Cuma approfittando del fatto che Alfio Mario e i suoi soldati erano presi da queste ritualità sacre e non avevano sentore dell’imminente attacco. Approfittando di una fase di riposo notturno dei capuani il comandante romano Gracco decise di attaccare nelle ore notturne.
I romani ebbero buon gioco favoriti dalla sorpresa dell’attacco.
Questo è il fatto narrato. Le domande, o meglio le curiosità, a questo punto sono due: ove era ubicato il tempio e quale divinità vi si stava celebrando.
In merito alla ubicazione di Hamae vi è una prima tesi, la più antica, proposta dallo storico tedesco Karl Julius Belock nell’opera “ Campanien” che colloca la località presso Tor Santa Chiara, sul lato settentrionale del monte Barbaro che è parte dell’edificio vulcanico di monte Gauro. Altre tesi vogliono la ubicazione del santuario nella zona di Liternum e più esattamente a Torre Sanseverino. Sembrerebbe, a leggere quanto riportano epigrafisti ed archeologi, che la tesi più accreditata possa essere ritenuta quella del Belock. Possiamo dire che certamente la battaglia si svolse presso il tempio posto in località detta Hamae situata, grosso modo, tra Giugliano e Pozzuoli.
Altra fonte di notizie sulla esistenza della località ma anche della divinità, o più divinità, è data dalla cosiddetta “tegola di Capua” o “tabula capuana”.
Una storia, quella del ritrovamento di questo prezioso reperto, che ha dell’incredibile.
Brevemente. Il 9 marzo 1898 un procacciatore di affari propose alla Commissione dei Monumenti per la provincia di Caserta un tegolone con sopra iscritto un lungo testo etrusco. Il manufatto era stato rinvenuto da alcuni contadini nei dintorni di Capua. Il direttore del Museo Nazionale di Napoli, però, lo rifiutò, ritenendolo un falso.
Il seguente 24 giugno quel tegolone, oggi noto come la “Tegola di Capua”, fu acquistato da uno studioso tedesco e tre mesi dopo entrò a far parte delle collezioni del Museo di Berlino.
Il testo riportato sulla tegola è risultato uno dei documenti più importanti della lingua etrusca perché riporta, divisa in 10 parti, le prescrizioni per le cerimonie da effettuarsi in onore degli dei nel corso dell’anno rituale ( l’anno era diviso in 10 parti o mesi, come nei calendari arcaici del tempo di Numa). Maggiore importanza riveste per la certificazione a sostegno delle fonti letterarie relativamente alla origine etrusca della città di Capua e di altre città della Campania.
Cosa dice questo reperto in merito al nostro tempio.
Ci informa che nell’episodio riportato da Tito Livio si stavano celebrando riti e sacrifici in onore della divinità chiamata Letham, una divinità del pantehon etrusco associata alla fertilità per la quale non vi è certezza se si trasse di una dea o in dio.
Oltre alla tegola capuana di questa divinità ci dà notizie anche il cosiddetto “fegato di Piacenza”. Si tratta di un modello bronzeo di un fegato di pecora usato dai sacerdoti aruspici per divinazioni. Questo sorte di atlante delle divinità serviva per leggere le viscere degli animali sacrificati. Si suddivide in 16 regioni marginali che rappresentano la ripartizione della volta celeste e 24 regioni interne. Ogni regione porta inciso il nome di una divinità per un totale di 40 divinità. La divinità Letham è incisa in una delle regioni marginali ovvero al bordo esterno del fegato.
Dalle notizie apprese possiamo dire che ad Hamae vi era collocato l’ultimo santuario extra urbano del tenimento capuano.
Come detto la cerimonia descritta compare nel testo della Tabula Capuana e la stessa località viene citata in relazione alle festività da celebrarsi alle idi di aprile. Cerimonia consistente nella consacrazione di animali e altre offerte alla dea Lethams. La corrispondenza tra il testo di Tito Livio e la Tegola di Capua indica che il rito affondava le sue radici in epoca etrusca e conferma la continuità cultuale tra la cultura religiosa etrusca e quella capuana.
La cerimonia di Hamae, inoltre, ci fornisce una indicazione della estensione territoriale della città etrusca oltre che per l’identificazione della divinità che viene celebrata. Si potrebbe pensare a una dea assimilabile a Fortuna, legata probabilmente alla sfera della crescita naturale e umana, ma anche a più divinità, mentre la celebrazione notturna del rito potrebbe anche indicare una funzione dedicata a Diana per il suo carattere di divinità notturna collegata alla luna.
Il calendario di festività, in onore di divinità etrusche e di altre divinità dal nome italico, riportato sulla Tabula Capuana suggerisce, dunque, quanto fosse radicata la presenza etrusca nel territorio, presenza che viene affermata anche attraverso la fondazione di luoghi di culto la cui frequentazione si perpetua, senza soluzione di continuità, fino alla piena età romana.
Un territorio, quello costiero, che era ritenuto un luogo sacro e dove sorgevano luoghi rituali e di culti autoctoni o orientali. Partendo dalla Sibilla e passando per Lethams sino al IV secolo d.C. quando sulla spiaggia cumana, ancora, si celebravano i riti di Iside si arriva, poi, con l’avvento del cristianesimo ai luoghi sacri del nuovo culto.
Una area sacra nella convinzione millenaria degli uomini del passato non in quella degli uomini moderni.
Per la redazione del testo si sono utilizzati testi e ricerche pubblicate in rete.
Antonio Pio Iannone ” Archivio giuglianese”