La narrazione storica ha, sovente, rappresentato il passato come un’epoca fatta esclusivamente da principi e nobili, di gesta eroiche e grandi imprese guerresche.
Molti, troppi, sono affascinati da questa narrazione, molti studiosi locali vanno alla ricerca del grande nobile, del grande giurista o del grande letterato che ha visto i suoi natali nella contrada, come se la nascita di un letterato facesse diventare letterati tutti coloro che nasceranno dopo di lui in quel luogo.
La vita del tempo passato era fatta di uomini che vivevano tutte le problematiche che vive l’uomo di oggi, calate nel tempo vissuto, ovviamente, dalle epidemie alle miserie, dalla tassazione ossessiva alla necessità di procurarsi cibo.
Uno spaccato di quanto l’esosità fiscale gravasse sui beni essenziali e come fosse oggetto di appalto e subappalto tra investitori finanziari è costituito dal contratto redatto dal notaio Camerlingo nel 1574 stipulato tra Vincenzo Maione e Alfonso Riccio.
Il documento, gentilmente fornitoci dal dott. Francesco Montanaro, presidente dell’Istituto di Studi Atellani e reso fruibile dal prof. Bruno d’Errico, necessita di una breve illustrazione dell’istituto dell’”arrendamento”.
Dallo spagnolo “arrendar”, appaltare, nel regno di Napoli e altrove, indicava una antica imposta data in appalto a imprenditori. Si partecipava ad una gara di appalto e si faceva il conto tra la somma da versare all’erario per la concessione, di norma della durata di 4 anni, e si stabiliva la rendita. Generalmente era una imposta indiretta sui generi di prima necessità, nel nostro caso la carne, e gravava per una grana su ogni rotolo di prodotto. La grana era una moneta pari a 1/100 di ducato, per dare una idea 4,5 lire italiane, superiore solo al “tornese”, quello della famosa canzone delle “spingole francesi”, ed al “cavallo”.
Insomma si trattava della moderna IVA gravante sui generi di necessità che leggiamo sullo scontrino da qualche tempo quando facciamo acquisti e che varia dal 4 al 10% per la maggior parte dei beni.
L’erario, però, sottoposto alla continua emorragia di ricchezza verso la Spagna non riusciva a gestire il reale introito di questa imposta, successiva al reali consumo della merce gravata, per cui la appaltava assicurandosi una somma contante, una sorta di pochi, maledetti e subito, lasciando al privato, l’appaltatore, l’onere ed il guadagno della sua riscossione.
Andiamo all’atto redatto dal notaio Camerlingo.
Il 10 novembre 1572 il nobile Vincenzo Maione di Panecocoli, affittatore nel detto casale della gabella di un grano per ciascun rotolo [di carne venduto] venne a convenzione con Alfonso Riccio di Napoli, mercante di carne vaccina, subaffittando la suddetta gabella nel seguente modo, ossia per tutta quella quantità di carne che venderà esclusivamente nella sua chianca il detto Alfonso sarà tenuto a pagare al detto Vincenzo cinque carlini per ogni cantaro di carne (un cantaro era una misura pari a 100 rotoli, ovvero circa 89 kilogrammi) per il periodo di mesi dieci a partire dalla stessa data alle seguenti condizione:
“che lo detto Alfonzo durante il detto tempo de detti misi dece ut supra, in nesciuno muodo habbia da fare mancare carne in la detta villa de Panicoculo, et facendone mancare che detto Alfonzo sia tenuto a detto Vicenzo sin come promette refare a detto Vicenzo tutti danni spese et interesse, che per la causa de detta carne che mancherrà potesse patere et sopportare de li quali danni interesse et spese detto Alfonzo ne habbia adiustare ad semplice parola cum iuramento tantum del detto Vicenzo. Cum altro patto etc. che detto m(astro) Vicenzo durante il tempo predetto non possa fare tagliare chianca nesciuna in detta villa de Panicoculo, excepto la detta chianca de detto Alfonzo, et facendone tagliare altre o vero ne tagliassero altre, in detta villa de Panicoculo, che a detto Alfonzo sia licito, exigere da tutti quilli che taglierranno carne in detta villa de Panicoculo per vendere ad ragione de carlini dece per ciascheduno cantaro, da pagarnosi detti carlini dece in questo modo, videlicet: carlini septe et mezo a detto Vicenzo per causa de la supradicta gabella, et altri carlini dui et mezo ad complimento de detti carlini dece, a esso Alfonzo sub affittatore de detta gabella, quia sic etc. Cum alio pacto etc. che lo detto Alfonzo durante il detto tempo habbia da fare franco il detto Vicenzo de detta gabella de la carne che comperarrà, tanto in detta villa de Panicoculo, come in altra parte, de la carne che serverrà per uso de sua casa tantum, quia sic etc. Item fuit conventum etc. che de tutta la carne predetta che se taglierrà e venderà per detto Alfonzo ut supra in detta villa de Panicoculo, se ne habbia da fare annodamento seu libro per lo detto mastro Vicenzo et detto Alfonzo de quella pagare ad ragione de detti carlini cinco, tantum a detto mastro Vicenzo quia….”
Ecco il documento dattiloscritto ASNa, Notai del XVI secolo, Giuliano Camerlingo, scheda 267 prot. n. 1 (6 dicembre 1570 – 31 agosto 1574) (f. 125r [foto 8892]) Subaffictus gabelle pro honorabili Alfonso Riccio de Neapoli. (sul margine destro: D[atam] E[st] C[opiam]) Die decimo mensis novembris prime indictionis 1572, in Casali Iuliani etc. In nostri presentia constitutis nobilis Vincentius Maionus de villa Panicoculi, affictator gabelle dicte ville Panicoculi grani unius pro quolibet rotolo ut dixit sicut ad conventionem devenit cum onorabili Alfonzo Riccio de Neapoli mercatore baccinarum etc. ut dixit sponte coram nobis non vi dolo etc. et omni omni meliori via etc. ex nunc sublocavit et affictavit, ac in affictum et arrendamentum dedite idem Alfonzo etc. subscriptam partem dicte gabelle grani unius pro quolibet rotulo, videlicet: per totam illam carnem quantitatem carnis quam vendet in dicta villa Panicoculi, in eius planca tantum, predictus Alfonsus teneat etc. pro ut sponte coram nobis promisit eidem Vicentino presenti etc. solvere et respondere eidem Vincentio etc. pro gabella predicta ad rationem carlenorum quinque pro quolibet cantario, tantum et non ultra, et hoc durante tempore mensium decem ab hodie in antea numerandos etc. in pace etc. et cum pactis infrascriptis, videlicet: che lo detto Alfonzo durante il detto tempo de detti misi dece ut supra, in nesciuno muodo habbia da fare mancare carne in la detta villa de Panicoculo, et facendone mancare che detto Alfonzo sia tenuto a detto Vicenzo sin come promette refare a detto Vicenzo tutti danni spese et interesse, che per la causa de detta carne che mancherrà potesse patere et sopportare de li quali danni interesse et spese detto Alfonzo ne habbia adiustare (??) ad semplice parola cum iuramento tantum del detto Vicenzo. Cum altro patto etc. che detto m(astro) Vicenzo durante il tempo predetto non possa fare tagliare chianca nesciuna in detta villa de Panicoculo, excepto la detta [f. 125v [8893]) chianca de detto Alfonzo, et facendone tagliare altre o vero ne tagliassero altre, in detta villa de Panicoculo, che a detto Alfonzo sia licito, exigere da tutti quilli che taglierranno carne in detta villa de Panicoculo per vendere ad ragione de carlini dece per ciascheduno cantaro, da pagarnosi detti carlini dece in questo modo, videlicet: carlini septe et mezo a detto Vicenzo per causa de la supradicta gabella, et altri carlini dui et mezo ad complimento de detti carlini dece, a esso Alfonzo sub affittatore de detta gabella, quia sic etc. Cum alio pacto etc. che lo detto Alfonzo durante il detto tempo habbia da fare franco il detto Vicenzo de detta gabella de la carne che comperarrà, tanto in detta villa de Panicoculo, come in altra parte, de la carne che serverrà per uso de sua casa tantum, quia sic etc. Item fuit conventum etc. che de tutta la carne predetta che se taglierrà e venderà per detto Alfonzo ut supra in detta villa de Panicoculo, se ne habbia da fare annodamento seu libro per lo detto mastro Vicenzo et detto Alfonzo de quella pagare ad ragione de detti carlini cinco, tantum a detto mastro Vicenzo quia sic etc. Et promisit et convenit predictus Vincentius sollempni stipulatione etc. dicto Alfonzo presenti etc. subaffictum predictum modo premisso factum ac omnia predicta etc. semp. (?) etc. habere ratum etc. ac rata etc. et contra non facere etc. aliqua ratione etc. ipsumque Alfonzum etc. durante dicto tempore observando predicta a subaffictu predicto non ammovere etc. aliquo pretio etc. immo ipsum mantenere et difendere ab omnibus hominibus etc. omnem quo litem etc. in pace etc. (f. 126r [8894]) pro quibus omnibus observandis etc. antepartes ipse et quolibet ipsorum pro ut ad unamquaque ipsorum etc. partium spectat etc. sponte obligaverunt se ipsos et gnam litem ipsarum etc. earumque et cuislibet ipsarum heredibus et successoribus etc. una pars videlicet: alibi et altera alibi presentibus etc. sub pena et ad penas untiarum auri vigenti quinque mediante potestas capiendi etc, constitutione precarii etc. et renuntiaverunt etc. et signanter predictus Alfonsus renuntiavit beneficio res non prestite, cui espresse renuntiavit et iuravenrunt etc. Presentibus iudice Ioanne Vincentio Cacciapoto de dicto casali Iuliani regio ad contractus, nobilis Vincentio de Sancto Antonio, honorabilis Francisco de Ieronimo, honorabilis Ioanne Ieronimo
Ciccarello, honorabilis Vitello Rispo, Cesare Gulino (?) de dicto casali Iuliani.
Antonio Pio Iannone