30 anni di furti d’arte a Giugliano

30 anni di furti d’arte a Giugliano




Questa mostra fotografica si inserisce in un contesto estremamente importante, quello relativo alla collocazione alla base del campanile di Santa Sofia delle copie delle tre lapidi trafugate la notte del 31 maggio 1994. Per la prima volta quindi, dopo tante spoliazioni, la città di Giugliano si riappropria di un frammento della propria storia. Certo non si tratta della storia secolare di cui quegli antichi marmi erano portatori, perché di copie appunto si parla, ma questa operazione rappresenta comunque un primo tentativo di sanare, foss’anche in maniera sbagliata, la ferita che con quello ed altri furti è stata inferta alla città. Si perché anche se sono in pochi a rendersene conto, quando ad una città, ad una comunità di persone si sottraggono le opere d’arte dalle proprie chiese, dai propri palazzi, dalle proprie strade si strappano via pezzi di una identità, di una storia collettiva che non potranno mai più essere ricostruite. Tutti quanti, indistintamente, dopo un furto d’arte sono più poveri, e se è vero, come diceva un’antica massima greca, che altro non si è se non nani su spalle di giganti, dopo un gesto così vigliacco di sicuro quei giganti sono un po’ più piccoli, e non è difficile immaginare come si veda e si vada sempre meno lontano.
Non è facile guardare le foto delle opere d’arte rubate nel corso degli ultimi trent’anni a Giugliano. Non è facile perché, si ami o meno l’arte in generale, si viene comunque irretiti da una sorta di strana nostalgia, simile, per intendersi, a quella che si prova allorquando si rispolverano da un cassetto le foto di quando si era giovani oppure quelle in cui compare qualcuno che ora non c’è più. Se poi ci si sofferma a riflettere su quelle immagini in bianco e nero, allora non si può, oltre la nostalgia, non provare anche un profondo senso di rabbia. Scorrendo le date che hanno segnato la spoliazione di frammenti così importanti della storia cittadina, ma soprattutto ripercorrendo con la memoria le circostanze in cui quei furti si consumarono, non si può non gridare vendetta per le molte, troppe leggerezze che hanno caratterizzato la gestione del nostro patrimonio artistico.
Da oggi è possibile ammirare presso la Pro loco queste opere ormai perdute della Chiesa delle Concezioniste, della Parrocchia di Sant’Anna, della Chiesa di Santa Sofia e del Santuario dell’Annunziata; opere, tra l’altro, che recano la firma di importanti artisti, quali Paolo de Matteis, Angiolillo Arcuccio, Pietro Negroni, Giuseppe Marullo e Pacecco De Rosa.
La mostra – il cui tema è molto caro al Presidente della Pro Loco, il prof. Mimmo Savino, che, da anni, con la sua determinazione di instancabile operatore culturale, si batte per la realizzazione di tanti piccoli grandi sogni che possano arricchire sempre più questa città – oltre a documentare i furti avvenuti nel corso degli anni, vuole rappresentare una sorta di appello a chi adesso c’è, affinché faccia qualcosa per tutelare il patrimonio storico-artistico della città, perché non tutto è perduto: le chiese, le piazze, le strade di Giugliano sono ancora ricche di testimonianze che attendono di essere conosciute, recuperate e salvate. re lapidi trafugate la notte del 31 maggio 1994. Per la prima volta quindi, dopo tante spoliazioni, la città di Giugliano si riappropria di un frammento della propria storia. Certo non si tratta della storia secolare di cui quegli antichi marmi erano portatori, perché di copie appunto si parla, ma questa operazione rappresenta comunque un primo tentativo di sanare, foss’anche in maniera sbagliata, la ferita che con quello ed altri furti è stata inferta alla città. Si perché anche se sono in pochi a rendersene conto, quando ad una città, ad una comunità di persone si sottraggono le opere d’arte dalle proprie chiese, dai propri palazzi, dalle proprie strade si strappano via pezzi di una identità, di una storia collettiva che non potranno mai più essere ricostruite. Tutti quanti, indistintamente, dopo un furto d’arte sono più poveri, e se è vero, come diceva un’antica massima greca, che altro non si è se non nani su spalle di giganti, dopo un gesto così vigliacco di sicuro quei giganti sono un po’ più piccoli, e non è difficile immaginare come si veda e si vada sempre meno lontano.
Non è facile guardare le foto delle opere d’arte rubate nel corso degli ultimi trent’anni a Giugliano. Non è facile perché, si ami o meno l’arte in generale, si viene comunque irretiti da una sorta di strana nostalgia, simile, per intendersi, a quella che si prova allorquando si rispolverano da un cassetto le foto di quando si era giovani oppure quelle in cui compare qualcuno che ora non c’è più. Se poi ci si sofferma a riflettere su quelle immagini in bianco e nero, allora non si può, oltre la nostalgia, non provare anche un profondo senso di rabbia. Scorrendo le date che hanno segnato la spoliazione di frammenti così importanti della storia cittadina, ma soprattutto ripercorrendo con la memoria le circostanze in cui quei furti si consumarono, non si può non gridare vendetta per le molte, troppe leggerezze che hanno caratterizzato la gestione del nostro patrimonio artistico.
Da oggi è possibile ammirare presso la Pro loco queste opere ormai perdute della Chiesa delle Concezioniste, della Parrocchia di Sant’Anna, della Chiesa di Santa Sofia e del Santuario dell’Annunziata; opere, tra l’altro, che recano la firma di importanti artisti, quali Paolo de Matteis, Angiolillo Arcuccio, Pietro Negroni, Giuseppe Marullo e Pacecco De Rosa.
La mostra – il cui tema è molto caro al Presidente della Pro Loco, il prof. Mimmo Savino, che, da anni, con la sua determinazione di instancabile operatore culturale, si batte per la realizzazione di tanti piccoli grandi sogni che possano arricchire sempre più questa città – oltre a documentare i furti avvenuti nel corso degli anni, vuole rappresentare una sorta di appello a chi adesso c’è, affinché faccia qualcosa per tutelare il patrimonio storico-artistico della città, perché non tutto è perduto: le chiese, le piazze, le strade di Giugliano sono ancora ricche di testimonianze che attendono di essere conosciute, recuperate e salvate.