Giovan Battista Basile
Il 15 febbraio, ricorrenza del 442° anniversario della sua nascita a Giugliano
di Emmanuele Coppola
Raggiunto il muro della Galleria
di tutta questa gente dotta e pia,
di certo vuoi saper dove è finito
quel quadro restaurato e rifinito.1
Un saggio ammonimento ora ti esprimo:
si dice che sarà l’ultimo il primo.
E allora credi pure che sia vero
se non mi vuoi veder turbato e altero.
La nostra prima icona sta, a distanza,
ancor dimenticata in una stanza,
per quanto in qualche modo si è cercato
di riproporla quivi a buon mercato.2
Ma noi, purtroppo, siamo adusi a dare
onore a chi sa poco o niente fare
e a perdere dei grandi la memoria
col ritrovarci infine senza storia.
E dunque or ti introduco al santuario
dell’uomo che dall’alto, solitario,
pensoso osserva il sito di Giugliano,
dove egli un dì ad un libro pose mano.3
Alludo a quel Basile Giambattista
che fate ed orchi e principi in rivista
passò per divertir mamme e bambini
raccolti al focolare o sui gradini.4
Sia chiaro infine a tutti che egli è nato
senz’ombra di alcun dubbio dove è stato
anzian Governatore, qui a Giugliano,
e dove egli ha concluso il ciclo umano.5
Nel Mille e cinquecento sei con sei,
il quindici febbraio, senza nei,
da Giacomo egli nacque e da Landonia,
siccome un libro ancor ci testimonia.6
Dei nove figli il nostro era il secondo;
e, se mi chiedi gli altri, io ti assecondo.
Fu Genica la prima, sua sorella,
e Angelica e Venesia eguali a quella.
Dei suoi cinque fratelli abbiamo i nomi,
dei quali Gian Luigi sta in due tomi;
con Stefano ed Annibale e Sandrino
c’è l’ultimo, Oliviero, il fratellino.7
Non puoi pretendere di saper tutto,
dal primo suo vagito fino al lutto,
e specialmente della sua esperienza
di giovane e ragazzo senza scienza.
E’ inutile, pertanto, argomentare
con chi dovette un dì forse studiare,
se amico fu di Cesare Cortese
o si applicò ad usare qualche arnese.8
Ti posso dir però che ad altri panni,
avendo più di venticinque anni,
dovette la sua mente abituare
per essere disposto a navigare.
Io penso che così, girovagando,
per oltre sei o sette anni andò allo sbando,
e volle poi applicarsi in modo vario
a realizzare un sogno letterario.9
Deluso e muto come un eremita
nel mezzo del cammin di nostra vita,
decise di affrontar delle altre prove
e andò a cercar la sua fortuna altrove.10
Lasciata, dunque, la sua patria riva,
per circa altri sette anni alla deriva
andò con la sua spada mercenaria
sfidando ogni disagio e la malaria.
Sbarcato a Candia, al soldo di Venezia,
dovette fronteggiar, più che un’inezia,
l’eventuale assalto di un nemico
che quanto era feroce non ti dico.11
Per rinfrancare l’animo ha un riparo
nell’accogliente casa di un Cornaro
ed entra come Pigro a fare parte
di un’Accademia ove si esalta l’arte.12
E nel Seicentosette egli fa rotta
insieme a Pietro Bembo, con la flotta,
nei pressi delle spiaggie dell’Epiro
per fronteggiar la Spagna e il turco Emiro.
In quello stesso autunno il suo naviglio
nel porto ancor di Candia trova appiglio,
donde egli da soldato si ritira
e in vari luoghi della Grecia gira.
Così, peregrinando finalmente
per isole e sentier, si pone a mente
di far ritorno a Napoli, e nell’Otto
pagato ha ormai di ogni desìo lo scotto.13
Appena riposato forse un anno,
dovette ottemperare a un altro banno:
Spinelli Carlo accompagnò a Cariati
tra i calabri recessi inabitati.
Intanto aveva già dato una prova
di quanto a lungo lo studiare giova,
avendo esposto Madriali et Ode
e Il Pianto della Vergine con lode.14
Per questi meriti certo preziosi
fu tosto accolto tra degli altri Oziosi.
Può dirsi, dunque, che da quel momento
comincia ad elevarsi un monumento.15
Avendo ormai quarantaquattro anni,
gli muore il padre Jacobo Giovanni
ed in quell’anno a lui tende la mano
il Principe Carafa di Stigliano.16
In quella Casa era già stata accolta,
per essere cantante illustre e colta,
la misteriosa tal soracucina
che io credo invero fosse sua cugina.
Di certo a Giambattista l’Adriana
aveva in qualche modo resa piana
la strada del successo letterario
quando egli era straniero e solitario.
Nel maggio di quell’anno la cantante,
per quanto fosse ancor recalcitrante,
rispose alla chiamata dei Gonzaga
di un ulteriore onor certo presaga.17
In luglio lo scrittor pubblica pure
Le avventurose sue disavventure
che dedica, vergando di sua mano,
al Principe Carafa di Stigliano.
Le lugubri e amorose Egloghe stampa
nel Dodici, e guadagna un’altra rampa.
Produce ancora in quella stessa annata
La Venere sedotta e abbandonata.18
Raggiunge quindi a Mantova i parenti
e l’anno dopo ancora più evidenti
a tutti si palesano i suoi pregi
stampando nuovamenti i libri egregi.19
Siam giunti finalmente ad una svolta
dell’operosa vita in ombre avvolta,
perché non si sapeva del febbrile
motivo del ritorno a fine aprile.
Ebbene, ora io ti svelo il nodo arcano
che si ritrova sciolto qui a Giugliano:
il quindici di giugno sull’altare
di San Nicola venne a si sposare.
Si apprende dalle carte viste e lette
che aveva, di anni, allor quarantasette
e che la sposa sua Flora Santoro
ne aveva la metà come decoro.20
Per natural prosieguo da quel giglio
in capo a nove mesi nacque un figlio
al qual si impose il nome dal curato
Giovanni preceduto da Onorato.21
E poi nacque nel Quindici una figlia,
di nome Olivia, e nella lor famiglia
man mano in dodici anni altri rampolli
si aggiunsero come alberi sui colli.
Son Cesare, Domenico e Isabella;
un’altra, nata e morta, era Sabella;
e poi, nel Ventisette, nasce Pietro,
e Cesare in quell’anno torna indietro.22
Nel Quindici era intanto stato fatto
Governatore di un montano anfratto
che si chiamava allor Montemarano
e dove ancora il vivere è più sano.
Trascorsi altri due anni, lo si trova
Governatore a Zungoli a dar prova
di saggio ed oculato amministrare,
aduso ad obbedir per comandare.23
Poi nel Ventuno è socio paritario
di un altro sodalizio letterario,
ed in quell’anno stesso ha la chiamata
per Lagolibero, in Basilicata. – 24
Nel Ventiquattro è Conte di Torone,
che è solo una frazione di Morrone,
e pubblica una serie di epigrammi
lodando tante donne in anagrammi.25
Intanto, un anno prima era defunta,
essendo stata pure di olio unta,
l’originale madre sua, Landonia,
se tu non vuoi dar retta a una fandonia.26
Quando egli aveva sessant’anni, il Duca
Alvares de Toledo fece buca
riuscendo a nominar Governatore
in quel di Aversa il già noto scrittore.27
Lo si ritrova allor denominato
di Castelrampa Conte, un abitato
dove egli forse sopra ad un casone
aveva trasferito il suo blasone.
Si ha ancor notizia di una mascherata
che fu nel Trenta poi rappresentata
in pompa magna a Napoli, al cospetto
di una regale Donna per rispetto.28
Per meriti acquisiti ed indiscussi
non c’è bisogno, per entrar, che bussi,
e nel Trentuno il Duca di Acerenza
lo fa Governator di questa lenza.29
Ritorna finalmente alla sua Terra
dove egli ha il cuore e dove al ciel si afferra
negli ultimi suoi istanti della vita
che si è così del tutto esaurita.
Il giorno ventitré del mese due,
nel Mille e poi seicentotrentadue,
morì per un accesso contagioso
che lo colpì alla gola doloroso.30
Pur senza avere scelto dove andare
per sempre Giambattista a riposare,
fu nella Chiesa di Santa Sofia
deposto il corpo per usanza pia.
Basile aveva scritto in italiano
ed anche addirittura in castigliano,
ma di una letteraria sua passione
nessuno aveva avuto informazione.31
Soltanto dopo ancora altri due anni
da quando aveva smesso tutti i panni,
per merito indiscusso di Adriana
si separò la seta dalla lana.32
Si trassero dai mobili consunti
i fogli di Lo cunto deli cunti
e finalmente conquistò la luce
quel libro che alla gloria ci conduce.
Tratto da “La Storia di Giugliano raccontata in filastrocche”.
E’ imminente la pubblicazione
NOTE
1 – Arrivato all’ultima sala di questa Galleria virtuale, l’Autore previene la domanda dell’unico allievo che è riuscito a stargli appresso, che evidentemente sta per chiedergli dove è finito il tanto atteso quadro di Giovan Battista Basile. Nei due aggettivi che chiudono la quartina (restaurato e rifinito) viene adombrata la questione della popolarità dell’autore di Lo cunto de li cunti e della sua nascita a Giugliano, ovvero della fama “restaurata” e della polemica definitivamente risolta sulla sua patria di origine.
2– Tuttavia, l’autore di questa filastrocca, avendo approfondito lo studio sulla questione della nascita del Basile a Giugliano, approfitta di quest’altra occasione per denunziare l’insufficiente interessamento che si continua a dimostrare, da parte delle diverse Amministrazioni comunali, per il recupero di questa nostra originale identità culturale, che di fatto – nonostante si sia cercato di fare qualcosa per riscattarla dall’oblìo – si trova «ancor dimenticata in una stanza».
3 – Questa immagine del Basile, che «dall’alto, solitario, pensoso osserva» la sua trascurata antica patria, è particolarmente suggestiva e triste, quasi una malinconica reminiscenza del tempo che egli visse a Giugliano.
4 – La titolazione specifica di Lo cunto de li cunti è “lo Trattenemiento de’ Peccerille”, e si immagina che l’azione del raccontare le fiabe si svolga nell’atmosfera raccolta della casa o nel cortile condominiale.
5 – La tesi, ormai acclarata dall’autore di questa filastrocca, è che Giovan Battista Basile è nato e morto a Giugliano, come è stato ampiamente dimostrato nel saggio Giovan Battista Basile nacque a Giugliano nel 1566, edito dal Centro Studi Alberto Tagliatatela, in prima edizione, nel marzo del 1985.
6 – Nel Primo Libro dei Battezzati della Parrocchia di S. Nicola si legge che Giovan Battista Basile nacque il 15 febbraio 1566 da Giovanni Jacobo e da Landonia Milone.
7– Il Basile, oltre alle predette tre sorelle (Genica, Venesia e Angelica, nate rispettivamente nel 1564, nel 1577 e nel 1579), ebbe complessivamente cinque fratelli, ovvero: Gian Luigi, nato nel 1569 e morto dopo qualche anno; Alessandro, nel 1571; un altro Gian Luigi, nato nel 1574; Stefano Annibale, nel 1575; Oliviero, del 1581.
8 – Facendo leva sul fatto che Giulio Cesare Cortese si era definito amico del Basile «da che ghieva a la scola peccerillo», Benedetto Croce era giunto alla conclusione che anche il Basile fosse nato nel 1575.
9 – Nel saggio Giovan Battista Basile nacque a Giugliano nel 1566 è dimostrato che il Basile dovette imbarcarsi per la prima volta nel 1592, con giovanile entusiasmo, trascorrendo così i primi anni «in apprender l’arti / di sagace nocchier», cioè per apprendere una professione.
10 – Il Basile intraprese il secondo viaggio nel 1601, sospinto dal bisogno di smaltire le delusioni per il mancato riconoscimento alle sue «alte virtù» letterarie.
11 – Nel 1606 il Basile si trovava a Candia, arruolato nel reggimento ivi posto a difesa contro i Turchi, che minacciavano di invadere i territori della Repubblica di Venezia.
12 – Il Basile a Venezia trovò benevole accoglienza presso la famiglia di Andrea Cornaro ed entrò a far parte dell’Accademia degli Stravaganti con il nome di Pigro.
13 – Nel 1608 il Basile ritorna a Napoli, fatto quasi straniero dal suo lungo e faticoso peregrinare.
14 – La pubblicazione de Il pianto della Vergine risale al 1608; l’anno successivo pubblica Madrigali et Ode.
15 – Con lo stesso nome di Pigro, nel 1609 entra a far parte dell’Accademia degli Oziosi, a Napoli, ed il suo nome comincia ad affermarsi negli ambienti letterari.
16 – Il padre, Giovanni Jacobo, muore nel 1610. In quello stesso anno il Basile entra alla corte del Principe Carafa di Stigliano, dove già era stata accolta la sorella-cugina Adriana, che godeva fama di eccellente cantatrice e che aveva già cercato di facilitare all’umile ed oscuro poeta la strada del successo letterario.
17 – Nel maggio del 1610 Adriana Basile cede finalmente alle lusinghe del Duca Vincenzo Gonzaga e della consorte Eleonora de’ Medici, e si trasferisce a Mantova, accompagnata da uno stuolo di familiari.
18 – Il Basile nel 1612 pubblica le Egloghe amorose e lugubri e La Venere abbandonata.
19 – Raggiunge i parenti a Mantova nel 1612, e l’anno dopo ripubblica in quella città tutte le sue opere poetiche.
20 – Il 15 giugno 1613 l’anziano Giovan Battista Basile sposa a Giugliano la ventiquattrenne Flora Santoro. L’Atto di Matrimonio si conserva nei registri della chiesa parrocchiale di S. Nicola.
21 – Il 3 marzo del 1614 nasce il primogenito Onorato Giovanni, ed il 26 gennaio del 1615 nasce la figlia Olivia.
22 – Questi sono gli altri figli di Giovan Battista Basile e di Flora Santoro: Cesare, nato il 9 marzo 1617; Domenico, il 26 dicembre 1619; Sabella, nata il 20 gennaio 1623 e morta dopo qualche giorno; Isabella, nata l’8 dicembre di quello stesso anno; Pietro, il 1° luglio 1627. Nell’anno di nascita di quest’ultimo figlio, muore il terzogenito Cesare, all’età di dieci anni.
23 – Nel 1617 il Basile è Governatore a Zungoli, nell’Avellinese. Nei suoi scritti si ritrovano spesso delle amare considerazioni su queste corti feudali, presso le quali egli aveva dovuto imparare a tacere.
24 – Nel 1621 entra a far parte dell’Accademia degli Incauti, a Napoli, ed è nominato Governatore di Lagolibero, che è l’attuale Lagonegro.
25 – Nel 1624 pubblica le Imagini delle più belle dame napoletane ritratte da lor propri Nomi in tanti Anagrammi. Sul frontespizio appare come Conte di Torone, una frazione del paesello di Morrone (ora Castel Morrone), in provincia di Caserta, avendo forse trasferito il suo titolo di Conte sopra una terra da lui acquistata.
26 – Il 24 luglio del 1623 era morta la madre, Landonia Milone. In questi versi si allude alla questione del nome della madre, che – secondo le ipotesi infondate di Benedetto Croce e di qualche altro biografo – doveva chiamarsi Cornelia Daniele.
27 – Nel 1626 il Duca d’Alba, Alvares de Toledo, gli affida la carica di Governatore di Aversa. Con l’espressione «fece buca» si deve intendere che il proposito del Duca d’Alba si tradusse in realtà, come quando si lancia la palla in buca.
28 – Il 17 ottobre del 1630 viene rappresentata a Napoli una sua mascherata, Monte Parnaso, per la venuta di Maria d’Austria, sorella del re Filippo IV.
29 – Nel 1631 Francesco Galeazzo Pinelli lo nominò Governatore di Giugliano. Questa scelta dovette essere sostenuta evidentemente dalla fama politica e letteraria che ormai precorreva il suo ritorno nel paese natìo.
30 – Giovan Battista Basile muore improvvisamente a Giugliano il 23 febbraio del 1632, ed è sepolto nell’ipogeo della Chiesa Collegiata di S. Sofia, dove erano già stati seppelliti il padre Giovanni Jacobo, la madre Landonia Milone ed il figlio Cesare.
31 – Il Basile non aveva parlato con nessuno dell’opera che gli avrebbe procurato una imperitura gloria letteraria.
32 – Due anni dopo la morte del poeta, Adriana Basile iniziò a pubblicare Lo cunto de li cunti, in cinque volumi, con lo pseudonimo di Gian Alesio Abbattutis, che si protrasse fino al 1636. L’anno successivo le fiabe delle cinque Giornate furono raccolte in un unico volume.