La pietra di Giugliano
ovvero Il Mistero della Cripta Antinori
Durante le feste natalizie ho avuto modo di seguire un programma RAI che descriveva come al museo civico di Bologna fosse conservata una iscrizione su lastra di marmo il cui contenuto ha affascinato per secoli gli epigrafisti e gli studiosi della materia. Sulla lastra sono poste una lunga sequenza di parole, in apparenza senza significato logico, delle quali è oscura sia la provenienza che l’epoca in cui furono scritte. Pare che quella esposta fosse la riproduzione di una similare databile alla fine del 1500 e in precarie condizioni di conservazione.
Mi è balzato alla mente che anche a Giugliano vi è una iscrizione simile ma, almeno per me, ancora più misteriosa ed affascinante.
Mi è subito sovvenuta l’idea di parlarvene.
Non è nascosta in luoghi misteriosi ed inaccessibili anzi, penso, che la stragrande maggioranza dei giuglianesi l’abbiano calpestata, o meglio abbia calpestato la parte del dorso del marmo sulla quale è scolpita. La lastra è posta nel pavimento che si calpesta percorrendo il tratto che dalla porta laterale del santuario dell’Annunziata, quella che affaccia sulla via Licante, porta alla navata ove, lateralmente alla sepoltura, murata nel pilastrone, vi è la lastra tombale di Aniballo Canta.
Un mistero racchiuso in poco più di un metro quadrato di marmo.
Il presidente della pro loco, Mimmo Savino, sapeva di questa epigrafe, come sapeva che per leggerla e trascriverla, bisognava alzare il marmo che copre la scala di accesso alla camera tombale sottostante. Un pomeriggio dello scorso ottobre, con la benevolenza del rettore del santuario, don Vincenzo Apicelli, Mimmo Savino, io, Pino Faiello, mia figlia Alessandra e suo marito Ezio, abbiamo compiuto questo faticoso lavoro.
Abbiamo dovuto sollevare il pesante marmo perché il testo non è sul lato a vista di chi guarda il pavimento ma sul suo dorso: inaccessibile, quindi, alla vista. È questo è il primo mistero: pare voler dire che quello che è scritto non riguarda chi è sepolto nella stanza sepolcrale sottostante.
E’ singolare che chi abbia fatto realizzare la stanza sepolcrale, di quasi 16 mq, in una chiesa pubblica di grande rilievo locale, edificata con una scala in muratura , con affrescato un crocefisso, dotata di scolatoi in pietra ed ospitante due o tre resti di adulto e due di bambini, non abbia avuto la disponibilità economica di dotarsi di una lastra tombale riportante le generalità della famiglia e l’epoca della realizzazione.
L’epigrafe come riportata nel riquadro in lingua italiana, grazie alla traduzione di padre Antonio Galluccio, recita:
Ha lasciato a questi reverendi della nobile parentela, essendo statuiti eredi per asse [patrimoniale]
ha anche assegnato un legato ai fiorentini della patria affetti invero da infermità
ha comandato che si costruisse una dimora speciale
dove si riservassero quattro letti e si dipingessero altrettante devote effigi del suo casato
si erigesse una cappella alla Vergine madre di Dio e a San Giovanni Battista, s’immolasse ogni giorno l’incruento sacrificio
e ha stabilito che quelli che hanno recuperato la buona salute
dimorino otto giorni in più
ai fratelli di San Giovanni di Dio che [di questa valutazione devono interessarsi ha stabilito]
di cercare gli infermi presso il console di Firenze o il parroco della chiesa nazionale
una volta alla settimana tramite previe informazioni
provvedendo deliberatamente sia a nome suo sia tramite i suoi concittadini
[ha stabilito] che nel suddetto luogo si conservino per sempre sei gloriose immagini dei proavi con cero e palma
comandò che ogni anno si conoscessero
il console dei fiorentini e i patrizi Strozzi dimoranti in napoli
purtroppo nel corso degli anni queste cose sono divenute obsolete
Pio con i suoi riconoscente verso chi lo merita
Antonio Antinori patrizio fiorentino
sia nella città sia nel regno di Napoli per l’altezza reale
Di Cosimo Granduca dell’Etruria
Non reca indicazioni circa la sua data di realizzazione, pare dedicata alle gesta di Antonio Antinori ma cita fatti ed avvenimenti che non collimano storicamente con il personaggio a cui la stessa sarebbe dedicata.
È noto che attorno al 1460 arrivò a Napoli un mercante e banchiere fiorentino di nome Antonio Antinori.
Diede vita ad una famiglia molto influente in campo ecclesiastico, finanziario e militare nella provincia di Napoli e nel sud Italia, ma i suoi meriti, come riportati nella lapide, non collimano con la sua età. Di certo nella discendenza, che si estingue nel ramo maschile attorno al 1660, non vi è altro Antonio Antinori, quindi la citazione del granduca di Toscana, Cosimo i°, quella delle donazioni a favore dell’ordine ospedaliero dei fratelli di San Giovanni di Dio, il comando che ogni anno si incontrassero i patrizi strozzi dimoranti a napoli con il console dei fiorentini, rimanda, tutto, a una epoca di redazione successiva al 1580.
Questo perché Cosimo sconfigge, definitivamente, gli Strozzi e la fazione repubblicana di Firenze nel 1554 e perché l’ordine dei fratelli di San Giovanni di Dio è presente a Napoli dal 1570 in poi.
Insomma davanti ad un enigma la mente comincia a fantasticare e ad immaginare fatti e situazioni che seppure basati su elementi storici vedono la trama che li unisce come unico prodotto della mente di chi immagina.
Io ho immaginato che:
Siamo nella Giugliano degli inizi del 1600. Al comando del feudo vi è la famiglia Pinelli che ha creato una struttura economica di notevole respiro. La grande estensione di terreno, i boschi, il lago, danno corpo ad una produzione di generi di prima necessità che rende la zona di vitale importanza per i commercianti genovesi e fiorentini che trafficano in prodotti che inviano in tutta europa. Accanto a questo comparto vi è produzione di strumenti musicali, le corporazioni dei sarti e dei calzolai e la circolazione di moneta collegata alla contemporanea opera di costruzione o ricostruzione delle chiese e dei monasteri.
Un Antinori, possessore del feudo di Fratta piccola, nonché concessionario della gabella sulla vendita dei cavalli, viene a fare visita, a Giugliano, a Paolo Giraldo.
Paolo è di origine fiorentina, la sua famiglia è arrivata in zona da alcuni decenni ed è possidente di grande quantità di terreni. Commercia con tutta italia ed effettua operazioni finanziarie con il ramo della famiglia che opera nel settore bancario del Portogallo.
Molte donne della famiglia si sono accasate a Giugliano sposando dei locali, Paolo al pari dei due fratelli è ancora libero ed un buon partito.
Forse per questo l’Antinori ha da tempo incrementato il numero delle visite a casa Giraldi, nei pressi della parrocchiale di Sant’Anna. L’Antinori ha una figlia grandicella d’età e gradirebbe vederla ben sistemata prima che gli acciacchi e la fastidiosa febbre malarica che lo assilla lo conducano al sacello di famiglia nella Chiesa dei Santi Apostoli in Napoli che da poco ha sostituito quello vecchio collocato nel coro del vescovado napoletano.
Durante una di queste visite l’Antinori ha un malore, un rialzo febbrile ed un ingrossamento del ventre.
Paolo Giraldi lo fa caricare sulla sua carrozza e lo trasporta all’Annunziata dove funziona l’ospedale, vecchio ormai di centinaia di anni. È malridotto, i muri sono scrostati, i letti vecchi e gli ambienti affollati, ma è l’unico della zona, secondo solo a quello di aversa.
L’importanza dei personaggi mobilita medici e cerusici. Di nascosto, venendo meno ai giuramenti prestati, uno di loro si allontana e raggiunge la casa di una donna del posto che pratica la medicina antica, una strega, insomma, come tante nella zona.
Fu una scelta azzeccata: la pozione preparata in un battibaleno rimise in sesto l’illustre ospite che per riconoscenza decise di ristrutturare, a sue spese, le poche stanze nel nosocomio appaltando i lavori alle maestranze che stavano restaurando l’annessa Chiesa dell’Annunziata.
Durante il periodo dei lavori, quasi un intero anno, l’Antinori venne spesso a seguire da vicino il loro avanzamento, sempre accompagnato da Paolo Giraldo che continuava a non decidersi in merito alla proposta matrimoniale.
Al termine delle opere volle fosse murata nella prima stanza una lastra commemorativa di un suo avo, Antonio Antinori, del quale si era persa la memoria e del quale si avevano poche e confuse notizie.
Qualche settimana dopo l’entrata in funzione del nuovo ospedale fu raggiunto dalla notizia che Paolo Giraldi era stato colpito da una archibugiata esplosagli contro da tale Pragliola per questioni di terreni nei pressi della masseria detta del Palmentiello, di proprietà del Paolo.
Fu un duro colpo per il padrone di fFratta piccola, spariva con Paolo, la possibilità di sistemare la figliola e poter vivere tranquillamente gli ultimi anni della sua esistenza.
Si precipita a Giugliano.
Paolo è stato sepolto nella cappella di famiglia nella Chiesa di Santa Sophia.
Antinori fa aprire il testamento: Paolo ha lasciato beni alla Chiesa dell’Annunziata ed a quella di Santa Sophia ma il grosso del patrimonio, circa 1000 moggi di terreno, lo ha destinato alla Casa Santa degli Incurabili di Napoli.
È furibondo per la morte del suo amico e decide che non debba riposare in un luogo a lui irriconoscente, lo fa riesumare dalla cappella gentilizia di famiglia di San Paolo apostolo in Santa Sophia per trasferirlo nella Chiesa degli Incurabili in Napoli.
Alla triste funzione assiste un gesuita giuglianese, Galasso d’Orta, che aveva assunto il nome di Carlo entrando nella compagnia di Gesù, amico carissimo di un Antinori, dello stesso ordine che, a differenza di Carlo che stava per partire in missione a Cartagena nelle Indie, dove morirà , era in procinto di partire per la Cina.
Arriva la peste e passa il tempo. Passa molto tempo prima che Napoleone emani l’editto di Saint- Cluod vietando le sepolture nelle chiese ed obbligando a seppellire i morti in appositi spazi fuori dell’abitato.
Siamo nel 1806. I francesi vanno via, tornano i Borboni che condividono l’editto. Attorno al 1860 il nuovo cimitero di Giugliano prende corpo. La sua realizzazione ha liberato spazio dietro l’ospedale permettendo il progetto di ampliamento che si svilupperà attorno alla cupola della Cappella della Madonna della Pace.
Nel contempo si comincia a chiudere la stanza di accesso all’ipogeo sotto la chiesa : gli spazi di inumazione dei Cacciapoti, dei Micillo, dei Taglialatela, dei Pianese, dei confratelli della congrega della Madonna della Pace, dei pescatori, dei condannati dal tribunale di campagna, vengono sigillati per sempre. Ogni accesso è chiuso e lo dovrà essere per sempre lasciando che le migliaia di sepolti riposino in pace.
Ma i tempi umani non sempre sono perfetti.
Gli accessi sono stati murati ma per qualche settimana il nuovo cimitero non può ancora essere utilizzato.
Ma qualcuno muore: alcuni adulti e due bambini.
Occorre una sistemazione di emergenza. La stanza ricavata murando gli accessi all’ipogeo, quello sotto il pavimento dell’ingresso alla navata da via Licante è una soluzione comoda ma va rinchiusa immediatamente per limitare gli effetti della decomposizione dei corpi. Quella lapide staccata dal muro dell’ingresso dell’ospedale ha le misure giuste. Non si conosce chi l’ha scritta ne a chi si riferisce, chissà chi l’ha messa e perché stava in quel posto.
Quesiti inutili, occorre fare presto, non si può celebrare messa con corpi di defunti posti alla vista di tutti… è sacrilegio.
La lastra viene tagliata per permettere un più comodo spostamento, ma con precisione, rovinandola il meno possibile, lasciandola leggibile ma adagiata a faccia in sotto, quasi a permettere ai morti deposti nella stanza di leggere per l’eternità le gesta di Antonio Antinori.
Antonio Pio Iannone
Pro loco Città di Giugliano
Gennaio 2014