La fattucchiara dell’Annunziata

La fattucchiara dell’Annunziata




Era da poco passato il trambusto della possessione di massa che aveva colpito Giugliano quando un altro episodio venne a sconvolgere quel poco di quiete che era seguito alla peste, alla rivolta di Masaniello, al conflitto col d’Aquino.
Nel settembre 1669 non fu trovata una pisside nella parrocchiale di san Nicola.
Il sacrilegio fu cosi grande che fu chiusa la chiesa e le ostie consacrate trasportate in sant’Anna, furono coperte le porte e le campane furono fatte suonare a morto.
Immaginate il terrore di quanti, intenti al lavoro nei campi, udirono quel suono annunziante tempeste e mali accadimenti.
Accorse un ministro ed il vice reggente della Vicaria.
Indagini rapide come si conviene a casi del genere e soluzione ovvia, come ancora oggi si usa: “Fu carcerata una donna della piazza dell’Annunciata, perché stimata fattucchiara”.
L’accostamento fattucchiara – Annunciata ha un suo motivo.
Il complesso della Annunziata ospitava l’ospedale, oltre la ruota degli esposti, ed era necessario disporre di medicamenti e rimedi per guarire gli ammalati.
Medicine, diremo oggi, demandate per la loro realizzazione alle farmacie dei monasteri o alle donne che continuavano a produrre i rimedi della medicina naturale.
Ambedue le possibilità si basavano su erbe, radici e misture di grasso animale, come l’unguento di sant’Antonio per il relativo fuoco. Era naturale, quindi, che nelle vicinanze di un ospedale operassero donne dedite alla manifatture di medicamenti per alleviare le sofferenze. Era altrettanto ovvio pensare che chi aveva il potere di fare il bene aveva anche quello di fare il male e, quindi, l’accostamento tra produrre medicamenti, con il corredo di date misteriose per la raccolta come la notte di san Giovanni e le preghiere segrete da recitare, e l’affatturazione era prassi corrente.
Don Agostino Basile riporta l’episodio e ci dice che la donna ammise la colpa indicando il suo complice in un sacerdote della Annunziata. Furono portati a Napoli, al tribunale del santo ufficio, al cospetto dell’inquisitore.
La donna morì poco dopo e il prete rimesso in libertà. Quali furono le cause della morte? Non è dato saperlo ma è facile immaginarle.
La nostra fattucchiara, però, era innocente: lo certificò il vescovo l’anno successivo. Il colpevole era un viandante eretico arrestato a Roma.
Non un viandante semplice ma un eretico.
Chissà cosa nasconde questo episodio, forse una guerra tra confraternite e chiese o,forse, la lotta tra chi, in quel momento, sta istituzionalizzando la medicina e chi ne rivendica la libertà ritenendo la natura un dono di Dio.

Pio Iannone