‘O setteprete

‘O setteprete




Il Setteprete era un gioco di squadra movimentato, con l’uso di una grossa palla o un pallone mezzo sgonfio e sette pietre quasi piatte, tali da poter essere impilate. Queste si ricavavano di solito da mattoni o mattonelle; ma si preferivano anche delle pietre sgrossate alla meglio, che potessero stare l’una sull’altra in un equilibrio un po’ precario, in modo da rendere più difficile l’operazione di riordino.

Ci si divideva in due squadre di almeno quattro o cinque ragazzi. Per la formazione delle squadre ci si atteneva ad un cerimoniale ricorrente, ovvero si individuavano motu proprio i due capisquadra, i quali vuttavano ‘o tuocco per decidere chi dovesse scegliere per primo, e quindi a turno, uno alla volta, si ripartivano gli aspiranti giocatori. In questo modo si ritenevano quasi tutti soddisfatti, perché non risultava una preponderanza di forze in una squadra rispetto all’altra. Poi si faceva ancora ‘o tuocco per decidere quale squadra dovesse giocare per prima. Di fatto le due squadre, giocavano insieme, ma in ruoli diversi. Si stabiliva una base dove innalzare la pila delle sette pietre; questa operazione era affidata alla seconda squadra, che chiamiamo Bianca. I giocatori della prima squadra dovevano abbattere la pila delle sette pietre, tirando a turno, con le mani, un colpo di pallone senza oltrepassare una linea di demarcazione segnata a terra.

Il gioco, dunque, consisteva nelle seguenti fasi: la squadra Azzurra cercava di abbattere la pila delle sette pietre e poi la doveva ricomporre; la squadra Bianca doveva impedire che tutte le pietre fossero ricomposte in una pila, cercando di colpire col pallone i giocatori avversari, i quali venivano così neutralizzati.

Appena la pila era stata colpita, un giocatore della squadra Bianca si affrettava a sparpagliare le sette pietre in un raggio d’azione preventivamente concordato. Di solito dietro la pila, mentre la squadra Azzurra tirava, erano appostati quelli della squadra Bianca per recuperare subito il pallone e impedire l’avvicinamento degli avversari.

Il campo da gioco era di fatto illimitato. Tutta la gestione del gioco comportava l’adozione di una strategia da parte delle due squadre. I giocatori della squadra Azzurra si disponevano sul campo in modo da sottrarsi al controllo degli avversari, i quali a loro volta cercavano di marcarli per colpirli con il pallone che veniva passato velocemente.

Sbagliare tiro significava dare un grosso vantaggio agli avversari, che correvano alla base per riordinare le pietre, tra grida di incitamento e di rimprovero arrabbiato. Se era rimasto in gioco un solo ragazzo della squadra Azzurra e le pietre non erano state tutte impilate, tutta la squadra Bianca si organizzava per braccarlo. Ma questi, se era bravo a schivare i colpi e veloce a distanziare gli inseguitori, aveva qualche possibilità di riuscire a completare la pila.